sabato 30 ottobre 2010

Il magico mondo delle Selle San Marco

Credo che agli appassionati di ciclismo sono contenti quando hanno la possibilità di conoscere meglio i produttori di biciclette e di chi si occupa anche degli accessori. Quando potrò, cercherò di contribuire, inserendo all'interno di questo blog notizie utili.
Inizio con le Selle San Marco, una storica azienda italiana produttrice di selle fatte a mano. La fabbrica con sede a Rossano Veneto ha iniziato la propria attività nel 1935 e rapidamente si è fatta conoscere in Italia ed all’estero per la qualità dei propri prodotti, che hanno tra l’altro accompagnato e continuano ad accompagnare grandi campioni del ciclismo professionistico.
“Luigi Girardi – rivela Luca Girardi, R&D director di Selle San Marco - mio nonno, è colui che ha reso Rossano famosa nel mondo per la produzione di selle. Nel 1935 dopo anni di duro lavoro nella filanda del paese, con un mutuo di cento lire diede inizio ad un’attività commerciale di accessori per biciclette. Cinque anni dopo era già un produttore e avviava, con una quarantina di operai, una fabbrica di selle per biciclette. L’impresa decollò e divenne in breve non solo un affermato punto di riferimento per tutta l’industria della bicicletta, ma un modello di imprenditorialità da seguire”.
Una ventina di anni più tardi, nel 1970, Luigi Girardi, insieme al figlio Antonio ed alla nuora Giuseppina (i genitori di Luca nda), ha impostato le basi di quella che è l’attuale produzione principale, iniziando a creare selle per i professionisti delle due ruote e facendo diventare Selle San Marco negli anni ottanta la principale azienda mondiale di selle fatte a mano grazie ai suoi prodotti rivoluzionari.
“Pensiamo ad esempio – dice Luca Girardi - alla Concor, un modello destinato a rivoluzionare il mondo del ciclismo. La prima sella sagomata al mondo con una forma Bio-Anatomica, che ha dato il via alla tendenza di creare modelli più stretti, con base in nylon, copertura in pelle e le prime imbottiture poliuretaniche”.
L’azienda è sempre rimasta a conduzione familiare, guidata fino ad oggi da tre generazioni della famiglia Girardi. L’energia, l’entusiasmo, le idee e la passione del nonno rivivono oggi nei nipoti che mandano avanti la tradizione di famiglia.
“Anche mia madre Giuseppina – dice ancora Luca Girardi - continua a lavorare in azienda: ogni giorno è in produzione, a seguire il lavoro da vicino”.
Passato, Presente e Futuro. Insomma, un patrimonio di esperienze e conoscenze tramandate di padre in figlio che nessun altro produttore di selle al mondo può vantare.
Entriamo nello specifico signor Girardi: perché i ciclisti si rivolgono a voi?
“La storia della nostra azienda è la nostra forza. San Marco non ha bisogno di farsi conoscere nel mondo del ciclismo, perché da anni rappresenta una delle aziende leader nella produzione di selle. Chi acquista una nostra sella ha già la garanzia di aver scelto un prodotto di qualità, per materiali utilizzati e per design. Il massimo della tecnologia, frutto di accurati test e prove su strada effettuate in collaborazione con i corridori professionisti, per ottenere il massimo delle performance”.
Il prodotto migliore in assoluto lanciato dalla vostra azienda?
“In realtà se rapportati al momento in cui vengono lanciati sul mercato tutti i nostri prodotti si possono definire i migliori perché ogni modello è sempre all’avanguardia e sia per caratteristiche tecnologiche sia per design risponde a pieno alle esigenze del consumatore in quel momento storico. Ogni prodotto che compare attualmente nel nostro catalogo ha una sua storia ed un suo senso. Se dobbiamo parlare in modo specifico di un prodotto a cui sia i clienti sia noi siamo più affezionati è probabilmente la Concor Supercorsa. Una sella storica, uno dei modelli che identificano immediatamente il nostro brand e che ancora oggi è tra le più richieste”.
Le novità della prossima collezione per il 2011?
“Vi anticipo che ci saranno grosse novità che presenteremo nel corso dell’anno e che comunque già si potranno vedere sulle bici dei nostri migliori team di professionisti ad inizio stagione. Ad Eurobike a settembre abbiamo intanto presentato la nuova collezione, caratterizzata soprattutto dall’ampliamento di gamma dei modelli già esistenti per offrire ulteriori varianti colore e di materiale. Per esempio abbiamo creato la serie RED EDITION, che si distingue per i dettagli rossi introdotti nei modelli di punta della collezione (Regale, Zoncolan e Aspide) oppure per quanto riguarda il materiale, con la nuova linea RACING TEAM CFX offriamo la variante in carbonio di tutti i modelli che replicano le selle utilizzate dai team di professionisti di cui siamo sponsor. All’insegna di nuovi materiali e nuovi colori sono le novità che riguardano anche la linea Vintage, come la pelle forata, la pelle color miele e la cover eco-friendly della nuova CONCOR SC X, che si presenta come una valida ed ottima alternativa alla pelle. Infine per gli amanti delle varie discipline legate all’area Mountain Bike, dal Dh al Fr fino all’Enduro, abbiamo lanciato la nuova linea DIRTY, che si rinnova e si evolve. Tecnologia e design, materiali performanti che si fondono con grafiche innovative, per uno stile inconfondibile ed unico. Tra i nuovi modelli vi segnalo la ZERO e la SQUOD, disponibili in differenti versioni sia per materiali sia per cover”.
Ci consiglia l’abbigliamento giusto per un principiante che cerca di affrontare l’inverno?
"San Marco è un produttore di selle, ma proponiamo anche una linea d’abbigliamento che come le nostre selle, si distingue per l’alta tecnologia dei materiali. A questo proposito tutti i capi invernali della collezione 2011 sono meticolosamente studiati per chi usa la bici anche d’inverno. Sarebbe importante anche per chi non è allenato e non pedala per molti km, indossare capi realizzati con materiali che permettono di non raffreddarsi e allo stesso tempo non sudare eccessivamente”.
La richiesta più assurda che vi hanno fatto?
“Senza dubbio quella di ciclisti che non possono fare a meno della loro San Marco e ci chiedono di riparare la loro sella dopo anni ed anni di utilizzo. Vi lascio immaginare in che condizioni sono queste selle”.
Nel mio blog mi piace parlare dei principianti: come li mettereste in sella?
“Ovviamente i principianti hanno delle esigenze diverse rispetto ad un ciclista esperto. Di base i nostri prodotti sono studiati ergonomicamente per dare il massimo comfort. In ogni caso ad un neofita non consiglierei mai una sella in carbonio come la Aspide Superleggera oppure una Carbon FX, ma una sella in Xsilite”.
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Foto: gentilmente concesse da Selle San Marco

domenica 24 ottobre 2010

La seconda vita di Davide Rebellin

“Salve a tutti sono Davide Rebellin un ciclista che indossa la bici”.
Tutti gli appassionati di questo sport conoscono la sua storia, ma con questa intervista spero di aver scovato qualcosa di non detto fino ad adesso.
La bicicletta per Davide Rebellin è?
“Rappresenta gran parte della mia vita. Ho vissuto e ho condiviso con questo mezzo: progetti, sogni, malinconie, pensieri; è stata per me un’ottima compagna di viaggio e anche in questi ultimi tempi mi è stata vicino e con lei ho condiviso pensieri e sensazioni che non si possono raccontare. E con lei condividerò un nuovo percorso agonistico nella mia seconda vita, dal 28 aprile 2011 (il 28 aprile del 2009 Rebellin dopo dei controlli risultò positivo al C.E.R.A. ed è stato escluso dal mondo agonistico del ciclismo fino al prossimo 28 aprile nda).
Davide Rebellin ha vinto molto in carriera, ma si ricorda la sua prima gara corsa?
“Sono sincero e la ringrazio è la prima volta che qualcuno mi dice che ho vinto molto, di solito mi dicono arrivi sempre secondo, come se 55 vittorie non bastassero. Tornando a noi la mia prima gara risale a molti anni fa ero giovanissimo, arrivai terzo e piansi tanto tantissimo”.
Ce la racconta?
“Sono passati 28 anni!”.
Se può rivelarlo, ci dice chi e perché dei colleghi ciclisti l’hanno ringraziata dopo una gara?
“Paolo Bettini quando gli ho fatto vincere i suoi due Mondiali”.
Mi ha preceduto, ma se le dico Paolo Bettini lei mi risponde?
“Paolo Bettini … penso non si debba aggiungere altro … dice tutto”.
Ed Alessandro Ballan?
“Un amico che ha mostrato il suo valore sul campo a dispetto dell’opinione degli esperti del ciclismo”.
Come si arriva a pensare di cambiare nazionalità per correre un mondiale?
“Quando ti senti umiliato come uomo prima che come atleta, allora decidi l’estremo, per far capire al mondo che quello che stanno facendo non è giusto”.
Invece indossare la maglia azzurra per lei che cosa rappresenta?
“Significa portare il tricolore, significa ricordare quelli che sono morti per l’unità d’Italia, ricordare i caduti delle due guerre, i nomi sui monumenti, i cimiteri militari. Questo rappresenta per me la nazionale. Non rappresenta nulla di più. Aver preso il passaporto Argentino avrebbe rappresentato un tradimento solo verso queste persone, solo che ci ho pensato dopo e quindi un giorno avrei avuto un rimpianto. Quello che sto dicendo è davvero forte, ma io per maglia azzurra intendo questo”
Quando deciderà di appendere la bicicletta al chiodo lei che cosa farà nella vita?
“Non appenderò mai la bicicletta al chiodo, ho troppo rispetto per lei”.
La sua vittoria più bella quale è stata?
“La Liegi Bastogne Liegi 2004”.
A che cosa la può paragonare?
“Non può essere paragonata a niente, una felicità assoluta che è tipica di chi realizza un sogno cullato sin da bambino. Come segnare un rigore decisivo nella finale di Coppa Campioni per esempio”.
Aveva programmato perfettamente tutto quanto invece è andato tutto male: le è mai accaduto?
“Accade sempre, questa è la vita. Per tornare al Mondiale di Verona 2004 avevo già ottenuto il Decreto dal Ministero per il Passaporto, poi non è mai arrivato, mia nonna direbbe, il diavolo ha messo la coda, adesso dico chissà forse non era il mio destino che ha voluto risparmiarmi un rimpianto futuro”.
Adesso concludiamo con un consiglio per chi va in bicicletta per il gusto di pedalare e magari è alle prime armi: per esempio come gli direbbe fare per imparare a stare meglio a ruota?
“L’importante è non stare troppo vicino alla ruota del compagno che si ha davanti, perché una banale distrazione, potrebbe essere disastrosa, se si tocca la ruota con la ruota anteriore la caduta è assicurata. Quindi quando si va in bici casco e occhi ben aperti, il resto vien da sé, ricordatevi che i bambini prima imparano a camminare e poi a pedalare, quindi andare in bicicletta è nel DNA dell’uomo”.
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Giuseppe Pederiali: uno scrittore che ti fa diventare di sicuro amico dell'ispettore Camilla Cagliostri

Ho scoperto in biblioteca un autore che mi ha affascinato subito e di conseguenza ho già letto molti dei suoi libri: si tratta di Giuseppe Pederiali. Ve lo consiglio, se siete appassionatai di gialli vivaci, ma soprattutto di storie simpatiche, ironiche ed anche con finali a sorpresa.
Signor Pederiali, lei come presenterebbe ai lettori del mio blog?
“Come uno scrittore che si diverte a raccontare come se avesse sempre di fronte il “lettore” che lo ascolta”.
Leggendo l’ultima sua fatica “Camilla e il Rubacuori”, mi sono chiesto, e le giro la domanda: perché questo romanzo è così vicino alla realtà?
“Il romanzo giallo, quando è ambientato ai nostri giorni, ha il dovere di rappresentare le realtà che viviamo, nel bene e nel male. In poche parole non deve soltanto divertire, appassionare, intrigare. Questo non significa che lo scrittore debba scrivere dei romanzi a tema, o dei saggi truccati da romanzo. I tanti difetti e i pochi pregi della società sono uno scenario dal quale non si deve prescindere”.
L’ispettore Camilla Cagliostri, il personaggio principale, è appunto una donna molto comune con una carriera in ascesa, adora il suo lavoro, ha molti amici e diverse storie di sesso in contemporanea che riesce a destreggiare egregiamente. Nel prossimo romanzo questo poliziotto non crede che potrebbe essere rappresentata scavando nella sua solitudine, che un po’ già trapela dalle pagine del romanzo?
“Ha visto giusto. Camilla è anche e soprattutto una donna sola, e le sue irrequietezze rispecchiano questa solitudine. Inevitabile che già del quinto episodio (in cantiere) tutto questo cominci a emergere. Tanto più che gli anni passano. (Passano anche per i personaggi dei romanzi)”.
Come potrebbe essere ancora più rappresentata “la facciata privata” di Camilla Cagliostri?
“Credo che non occorra denudare ulteriormente la nostra Camilla. Lei stessa evita di esplorarsi troppo in profondità”.
Concludiamo signor Pederiali con un’altra ipotetica anticipazione: il rapporto di Camilla con il mondo maschile è davvero così spregiudicato come appare o ci potrebbero essere degli altri risvolti in futuro?
“Nella prossima avventura toccherà a Camilla il ruolo della “tradita”. E scoprirà perfino cos’è la gelosia”.
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domenica 10 ottobre 2010

BARBARA TABITA: UN'ATTRICE DAVVERO COMPLETA


I “Cesaroni 4”, fiction di successo che va in onda su Canale 5 ha visto la partecipazione di Barbara Tabitta, l’attrice siciliana che già ha al suo attivo importanti successi. Gli ultimi, in ordine di tempo che mi ricordo sono: la sua presenza dal 2007 al 2009 nel cast fisso della Nuova Squadra in onda su rai 3 dove interpreta l'anatomopatologa Mimma Ferrante. In quel periodo Barbara Tabita ha recitato in un altro set, quello del nuovo romanzo popolare Agrodolce ideato da Gianni Minoli, lei era Gemma Martorana. Nel 2009 la Tabitta gira un secondo film con Leonardo Pieraccioni, nel ruolo di Ramona moglie di Pieraccioni.
Un’attrice davvero completa, mi sono messo alla sua ricerca per intervistarla. L’impresa è stata difficile, ma le complicazioni rendono sempre più gradevole i successi, e quando mi dice che l’ho scovata nella Savana, la mia contentezza aumenta.
Parte subito l'intervista.
Signora Tabita ci ricorda i suoi inizi?
“Faccio questo mestiere da 12 anni per merito di mio fratello che ha trascinato l’intera famiglia a teatro. Aveva 6 anni ed ha voluto come regalo l’abbonamento al Teatro Stabile di Catania e cosi a turno qualcuno lo accompagnava. Il giorno che capitò a me, andava in scena “Pipino il breve”, il musical. Rimasi folgorata, avevo 10 anni ed avevo deciso che cosa volevo fare da grande. Chiaramente anche mio fratello fa l’attore ed oggi è sempre con me in tutte le mie decisioni più importanti. Da qualche hanno vive a Roma anche la mia sorellina più piccola, anche lei un artista che si occupa di fotografia e moda. Siamo una bella famiglia e siamo molto legati”.
Barbara Tabita ci può svelare i suoi hobby?
“Tutti. Sono curiosa per natura, quindi voglio provare tutto prima di poterne parlare”.
Un esempio?
“Appena arrivata in Sudafrica ho visto una mongolfiera di fronte l’hotel, mi sono voluta subito fare un giro. Comunque, la mia più grande passione è il cinema, vado 3 volte a settimana, soprattutto la mattina e da sola”.
Essere attrice, lei come lo descriverebbe?
“Questo mestiere per me è stato una vocazione fatta di rinunce e fatica. Nulla mi è stato regalato e ho preso tante porte in faccia, ma volevo andare avanti con le mie forze ed un giorno dire grazie solo a me stessa”.
Come è scandita la sua giornata lavorativa?
“Sveglia alle e 5 colazione e via sul set. Giro tutto il giorno, alle 18 salvo traffico in tangenziale torno a casa dove cucino per me e mio marito e scappo a letto ai titoli di coda. Quando giro la mia vita è scandita dal lavoro”.
E quando si riposa?
“Nelle giornate libere mi dedico alla lettura, vado al cinema e studio inglese”.
Barbara Tabita attrice: secondo lei in quale film ha potuto dare il meglio perché adatto alle sue doti?
“Non credo che ci sia un meglio ed un peggio. Aspetto il “film della vita”, ma non è ancora arrivato”.
Ed in teatro quale spettacolo pensa d’aver recitato davvero in maniera impeccabile?
“Ho amato quasi tutti i personaggi che ho fatto a teatro rimangono con me per tutta la vita, ma sicuramente nel cuore ho i “Beati Paoli” , “L’asciugamano” .”Per fortuna che cè la mamma”. Non vorrei fare a meno di quelle tre donne tanto diverse e tanto sfaccettature della stessa medaglia, io”.
Dopo che lei ha preso parte a vari film che l’hanno fatta conoscere al grande pubblico, chi le ha fatto il complimento più simpatico?
“Mi diverte molto essere riconosciuta dai bambini, anche se mi è capitato di sentirmi dire mentre ero in un negozio che provavo un vestito che assomiglio a Barbara Tabita, l’attrice!”.
Per lei che cosa è la sensualità?
“La sensualità è soggettiva come la bellezza”.
E l’ironia?
“E’ la mia sensualità”.
Barbara Tabita quanta sensualità ed ironia pensa di possedere?
“Non ho mai puntato sulla mia sensualità, non ho mai amato le “donne gattine” ho un carattere tosto e preferisco essere simpatica e non sensuale. La sensualità poi viene da se”.
Concludiamo con una domanda che nessuno le farà mai: quali sono i suoi progetti per il futuro?
“Sono in Africa a fare “Natale in Sudafrica” che esce il 17 dicembre e se i leoni non mi sbranano torno presto e spero di essere ancora su un nuovo set, ma sono scaramantica quindi shhhh. Però posso dirle che faccio la testimonial per Green Peace per la campagna”Deforestazione Zero”, metto in gioco la mia immagine per un progetto di sensibilizzazione dei consumatori promuovendo la carta riciclata e i prodotti certificati. Fermare la distruzione delle ultime grandi foreste primarie del pianeta per salvare il clima”.
Foto Marinetta Saglio
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ELIA VIVIANI HA VINTO IL "PANTANI" E SULLA LINEA D'ARRIVO ALZA LE BRACCIA E MIMA UN CUORE "QUESTA VITTORIA LA DEDICO ALLA MIA FIDANZATA FEDERICA"



Quando gli ho chiesto dove pensa che lo porterà il ciclismo la sua risposta è stata interessante e me la dovrò ricordare quando nei prossimi anni proverò ancora ad intervistarlo.
Elia Viviani mi ha affermato senza esitare: “Spero più in là possibile. Io sogno di diventare un cacciatore di classiche per non dire di mondiali o olimpiadi che siano su strada o su pista”.
Nato a Isola della Scala, in provincia di Verona, il 07 Febbraio 1989, Viviani è residente a Vallese (VR) con la sua famiglia; mamma Elena, papà Renato e due fratelli Luca (19anni) che gioca a calcio nell’Hellas Verona, Attilio (14anni) che corre in bici categoria esordiente nella G.S. Luc Bovolone.
Come è arrivato al professionismo?
“Ho cominciato a correre in bici nel 1998 categoria G3 e dopo 8 anni nelle giovanili della G.S Luc Bovolone di Lino e Luc Scapini, 2 da juniores nella FDB – CAR DIESEL di Remo Cordioli, 2 da under 23 con la Marchiol, quest’anno dopo i primi mesi corsi ancora con gli under 23 e la Marchiol sono approdato alla LIQUIGAS-DOIMO di Roberto Amadio, realizzando il primo dei tanti sogni di un corridore”.
Riesce ad avere anche degli hobby?
“Oltre al ciclismo mi piace stare con le persone che mi vogliono bene, fare shopping, mi piacciono le macchine e mi interesso di tutto gli sport”.
Come è scandita una sua giornata quando ha in programma soltanto l’allenamento?
“Sveglia 8/9, colazione, 10 inizio allenamento che si snoda fino alle 14/15/16 dipende dal programma della giornata, poi il pranzo. Attorno alle 17/18 massaggi (non sempre) o stretching. Alle 20 la cena poi mi dedico un po’ al computer ed attorno alle 22/23 vado a dormire.
Ci fa rivivere la sua ultima vittoria?
“E’ stata sabato 25 settembre 2010 al Memorial Pantani a Cesenatico. È sempre difficile descrivere una vittoria perché sono emozioni personali, comunque, visto che in questo finale di stagione sono in condizione, mi sono posto degli obbiettivi, ma la sera prima del Pantani parlando con i compagni e vedendo il percorso avevo paura fosse troppo duro per me però non avevo messo per niente da parte le mie ambizioni. Comincia la gara, dopo una ventina di km si entra nelle colline e si fanno a tutta lì il gruppo si allunga, io riesco a stare con i primi e prima di una discesa attacco per vedere se riuscivo a portare via dei corridori e provare con una fuga; a fine discesa restiamo in due io e Matteo Carrara, ci si aggiunge prima una decina di corridori e successivamente un’altra decina, alla fine siamo 20/25 corridori e comincia il circuito con questa salita da ripetere 3 volte, davanti andiamo abbastanza d’accordo ma dietro il gruppo non molla, quindi prima salita fatta forte, seconda salita un po’ più regolare e alla terza esplode la corsa davanti e il gruppo dietro molla del tutto. La gara rimane aperta solo a noi davanti, qualcuno si stacca io perdo qualche secondo e assieme a me resta il mio compagno Dall’Antonia, in discesa rientriamo sui primi e da lì all’arrivo è solo pianura, da temere Belletti che ha il supporto di tre compagni, corre in casa, è veloce, e sullo stesso rettilineo lungo mare di Cesenatico ha vinto una tappa al giro d’Italia 2010. Ultimo km Dall’Antonia è in testa mi lancia benissimo, io prendo la ruota di Manuel Belletti e a 150 metri, è una volata tra me e lui, riesco a spuntarla e Belletti rialzandosi perde anche il secondo posto da Serpa. Mancano 10 metri all’arrivo alzo le braccia e mimo con le dita un cuore dedicato alla mia ragazza Federica perché so quanto è difficile stare assieme ad un’atleta e quanti sacrifici fa lei per me. Ecco questa è l’ultima volta che ho alzato le braccia al cielo, sperando di riuscirci ancora prima di fine stagione”.
Che sapore ha vincere?
“Il sapore della vittoria è sempre bello, poi vincere da professionista per me ha significato raggiungere una maturità e la consapevolezza che anche nella massima categoria posso dire la mia. Dopo i primi mesi di adattamento dove ho preso delle belle cotte ora mi sento competitivo e pieno di motivazioni”.
A che cosa è costretto a rinunciare per praticare al meglio questo sport?
“Il ciclismo è uno sport di fatica e di sacrificio, penso di aver fatto più sacrifici durante l’adolescenza perché sono gli anni dove hai molte alternative allo sport, cioè cominci a interessarti di ragazze, discoteche e divertimenti, uscire la sera ecc, ora come ora il ciclismo è la mia passione e il mio lavoro quindi sono consapevole al 100% di cosa devo rinunciare per svolgere al meglio il mio lavoro. Il sacrificio più grande è essere lontani spesso da casa, dalla ragazza, dalla famiglia, quello pesa molto su noi ciclisti”.
Quando ha capito che questo sarebbe diventato il suo lavoro?
“Da poco, perché solo con le vittorie fatte nella massima categoria quest’anno con la Liquigas Doimo mi sono convinto che ce la posso fare e che questo può essere il mio lavoro/divertimento per i prossimi anni”.
Chi è il suo idolo nel ciclismo?
“Direi che non ne ho, ma ammiro molti corridori. Io sono cresciuto vedendo in tv le imprese di Pantani, o quelle più recenti di Bettini. Poi ora che sono nel gruppo ho individuato degli ideali di corridori ai quali mi avvicino come caratteristiche e per i quali provo ammirazione, per fare un paio di nomi Chicchi, Gilbert, Pozzato, Visconti, Boonen, Freire, Cavendish, Bennati”.
Foto: Bettini
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sabato 2 ottobre 2010

ACQUA VIZIATA: UN ROMANZO COINVOLGENTE


Ho sempre sostenuto che per far prima a conoscere le persone bisogna farle salire su di una barca e conviverci per qualche ora. Viene subito fuori il meglio o il peggio di loro. Questa mia convinzione in questi giorni l’ho scoperta ben rappresentata anche in un libro che ho preso in prestito in biblioteca: “Acqua viziata” (edizione Tea), scritto da un romano di 44 anni che si chiama Roberto Goracci. Ho letto questo romanzo in un solo giorno che ho trascorso sul motoscafo di mio padre fra Punta Ala e l’Isola d’Elba.
Roberto Goracci dopo aver pubblicato due libri, l’ultimo, “Acqua Viziata”, che ho appena finito di leggere e mi ha incuriosito molto, a tal punto che mi sono dato da fare per realizzare questa intervista, mi tolga una curiosità, lei si definirebbe uno scrittore di che genere?
“E’ una domanda che non mi sono mai fatto. Forse potrei definirmi uno scrittore “esperienziale” dato che mi ispiro per lo più a fatti autobiografici. Non ho frequentato corsi di scrittura. Non scrivo secondo uno schema preciso. Improvviso scrivendo: non so se ci sia una definizione per questo”.
Perché, secondo lei, bisognerebbe leggere i suoi libri?
“Perché mi sforzo di raccontare storie viste da un angolazione diversa, per scardinare i luoghi comuni ed evidenziarne i paradossi. Perchè qualcuno dice che leggendolo si ride pure”.
I suoi amici che ne pensano della sua avventura letteraria?
“Mi pare che siano tutti entusiasti. Mi fido di loro come amici, ma non dei loro giudizi su ciò che scrivo”.
Secondo Roberto Goracci come sono le storie d’amore che nascono su barche come quelle che lei ha presentato sui suoi libri?
“Possono durare molto. In barca ci si conosce meglio e più in fretta rispetto al quotidiano. Le persone sono spogliate non solo dei vestiti (che comunque non è una cosa da poco), ma anche di certe abitudini e convenzioni della vita cittadina. Si sta a contatto 24 ore al giorno, in uno spazio ristretto: si ha tempo per parlare, per confrontarsi e per piacersi. O per odiarsi”.
Roberto Goracci ha lavorato, facendo mestieri davvero particolari: partiamo dallo skipper, quali sono le richieste più ripetitive, che a lei dava fastidio sentire?
“Primo: andare in una baia piena di barche “perché se ci vanno tutti vuol dire che è il posto più bello”. Questa ricerca del meglio a tutti costi mi fa incazzare. E poi il meglio non dovrebbero deciderlo gli altri.
Secondo: la doccetta subito dopo il bagno. L’acqua di mare fa benissimo alla pelle, ma tanti sentono il bisogno di sciacquarsi immediatamente come se si fossero tuffati in una fogna invece che nell’acqua cristallina di una baia incontaminata.
Terzo: scendere sempre a terra: per fare colazione, per cenare, per comprare il giornale. Certa gente in barca si sente in prigione”.
Cercando notizie su di lei ho scoperto anche che è stato un soldato, ma non era un lavoro davvero inconsueto per un amante della libertà, stare agli ordini dei superiori?

“Ho scritto scherzosamente “soldato” nella mia biografia perché una volta era obbligatorio, anche se parecchi riuscivano ad evitare il servizio militare con vari stratagemmi. Io non ci sono riuscito e mi pare giusto sottolinearlo”.
Lei ha anche “cacciato” tesori nei Caraibi, ma che cosa può svelare di questo momento della sua vita?
E’ stata un esperienza surreale. Reduce dal fallimento del mio ristorante mi sono unito ad una spedizione italiana che cercava i tesori dei galeoni nelle acque di Cuba, in società con il governo cubano. La spedizione aveva pochi mezzi e pochi soldi: pareva il gruppo TNT. In sei mesi di ricerche trovammo relitti, vecchi cannoni e ancore, ma niente di valore. Dovrò scriverci un libro prima o poi”.
Roberto Goracci ha vissuto per qualche anno a Cuba, di sicuro lei l’ha conosciuta non per come noi la vediamo in televisione o nelle riviste di viaggi: ce la presenterebbe?
“L’ho già abbondantemente presentata nel mio primo romanzo “ A est dell’Avana” , sempre edito dalla Tea, di cui sta uscendo la quarta edizione. Lo consiglio non solo a chi ama Cuba, ma anche a chi sogna di mollare tutto e andare a vivere in qualche paradiso tropicale. Io l’ho fatto: è stata un’esperienza fantastica, ma non facile”.
Concludiamo con qualche domanda sulla cucina, lei è un cuoco, che cosa le piace preparare?
“In barca mi sono abituato a creare piatti con gli ingredienti a disposizione, che di solito non sono molti. A casa apro il frigo e uso la fantasia: niente ricette, dosi, pesi e misure. Talvolta possono anche uscire fuori delle schifezze”.
Un uomo per far colpo su di una donna che cosa dovrebbe portare in tavola?
“Qualsiasi cosa, ma presentata molto bene”.
Ed una donna con quale pietanza potrebbe far subito colpo su di un uomo?
“Qualsiasi cosa, basta che lei sappia come presentarsi”.
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Nella foto Roberto Goracci