domenica 10 ottobre 2010

ELIA VIVIANI HA VINTO IL "PANTANI" E SULLA LINEA D'ARRIVO ALZA LE BRACCIA E MIMA UN CUORE "QUESTA VITTORIA LA DEDICO ALLA MIA FIDANZATA FEDERICA"



Quando gli ho chiesto dove pensa che lo porterà il ciclismo la sua risposta è stata interessante e me la dovrò ricordare quando nei prossimi anni proverò ancora ad intervistarlo.
Elia Viviani mi ha affermato senza esitare: “Spero più in là possibile. Io sogno di diventare un cacciatore di classiche per non dire di mondiali o olimpiadi che siano su strada o su pista”.
Nato a Isola della Scala, in provincia di Verona, il 07 Febbraio 1989, Viviani è residente a Vallese (VR) con la sua famiglia; mamma Elena, papà Renato e due fratelli Luca (19anni) che gioca a calcio nell’Hellas Verona, Attilio (14anni) che corre in bici categoria esordiente nella G.S. Luc Bovolone.
Come è arrivato al professionismo?
“Ho cominciato a correre in bici nel 1998 categoria G3 e dopo 8 anni nelle giovanili della G.S Luc Bovolone di Lino e Luc Scapini, 2 da juniores nella FDB – CAR DIESEL di Remo Cordioli, 2 da under 23 con la Marchiol, quest’anno dopo i primi mesi corsi ancora con gli under 23 e la Marchiol sono approdato alla LIQUIGAS-DOIMO di Roberto Amadio, realizzando il primo dei tanti sogni di un corridore”.
Riesce ad avere anche degli hobby?
“Oltre al ciclismo mi piace stare con le persone che mi vogliono bene, fare shopping, mi piacciono le macchine e mi interesso di tutto gli sport”.
Come è scandita una sua giornata quando ha in programma soltanto l’allenamento?
“Sveglia 8/9, colazione, 10 inizio allenamento che si snoda fino alle 14/15/16 dipende dal programma della giornata, poi il pranzo. Attorno alle 17/18 massaggi (non sempre) o stretching. Alle 20 la cena poi mi dedico un po’ al computer ed attorno alle 22/23 vado a dormire.
Ci fa rivivere la sua ultima vittoria?
“E’ stata sabato 25 settembre 2010 al Memorial Pantani a Cesenatico. È sempre difficile descrivere una vittoria perché sono emozioni personali, comunque, visto che in questo finale di stagione sono in condizione, mi sono posto degli obbiettivi, ma la sera prima del Pantani parlando con i compagni e vedendo il percorso avevo paura fosse troppo duro per me però non avevo messo per niente da parte le mie ambizioni. Comincia la gara, dopo una ventina di km si entra nelle colline e si fanno a tutta lì il gruppo si allunga, io riesco a stare con i primi e prima di una discesa attacco per vedere se riuscivo a portare via dei corridori e provare con una fuga; a fine discesa restiamo in due io e Matteo Carrara, ci si aggiunge prima una decina di corridori e successivamente un’altra decina, alla fine siamo 20/25 corridori e comincia il circuito con questa salita da ripetere 3 volte, davanti andiamo abbastanza d’accordo ma dietro il gruppo non molla, quindi prima salita fatta forte, seconda salita un po’ più regolare e alla terza esplode la corsa davanti e il gruppo dietro molla del tutto. La gara rimane aperta solo a noi davanti, qualcuno si stacca io perdo qualche secondo e assieme a me resta il mio compagno Dall’Antonia, in discesa rientriamo sui primi e da lì all’arrivo è solo pianura, da temere Belletti che ha il supporto di tre compagni, corre in casa, è veloce, e sullo stesso rettilineo lungo mare di Cesenatico ha vinto una tappa al giro d’Italia 2010. Ultimo km Dall’Antonia è in testa mi lancia benissimo, io prendo la ruota di Manuel Belletti e a 150 metri, è una volata tra me e lui, riesco a spuntarla e Belletti rialzandosi perde anche il secondo posto da Serpa. Mancano 10 metri all’arrivo alzo le braccia e mimo con le dita un cuore dedicato alla mia ragazza Federica perché so quanto è difficile stare assieme ad un’atleta e quanti sacrifici fa lei per me. Ecco questa è l’ultima volta che ho alzato le braccia al cielo, sperando di riuscirci ancora prima di fine stagione”.
Che sapore ha vincere?
“Il sapore della vittoria è sempre bello, poi vincere da professionista per me ha significato raggiungere una maturità e la consapevolezza che anche nella massima categoria posso dire la mia. Dopo i primi mesi di adattamento dove ho preso delle belle cotte ora mi sento competitivo e pieno di motivazioni”.
A che cosa è costretto a rinunciare per praticare al meglio questo sport?
“Il ciclismo è uno sport di fatica e di sacrificio, penso di aver fatto più sacrifici durante l’adolescenza perché sono gli anni dove hai molte alternative allo sport, cioè cominci a interessarti di ragazze, discoteche e divertimenti, uscire la sera ecc, ora come ora il ciclismo è la mia passione e il mio lavoro quindi sono consapevole al 100% di cosa devo rinunciare per svolgere al meglio il mio lavoro. Il sacrificio più grande è essere lontani spesso da casa, dalla ragazza, dalla famiglia, quello pesa molto su noi ciclisti”.
Quando ha capito che questo sarebbe diventato il suo lavoro?
“Da poco, perché solo con le vittorie fatte nella massima categoria quest’anno con la Liquigas Doimo mi sono convinto che ce la posso fare e che questo può essere il mio lavoro/divertimento per i prossimi anni”.
Chi è il suo idolo nel ciclismo?
“Direi che non ne ho, ma ammiro molti corridori. Io sono cresciuto vedendo in tv le imprese di Pantani, o quelle più recenti di Bettini. Poi ora che sono nel gruppo ho individuato degli ideali di corridori ai quali mi avvicino come caratteristiche e per i quali provo ammirazione, per fare un paio di nomi Chicchi, Gilbert, Pozzato, Visconti, Boonen, Freire, Cavendish, Bennati”.
Foto: Bettini
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