I ciclisti del Villini IV – Le avventure di Gino con la Fiorella e la bella figura del notaio.
Giovanna e Dario uscirono una sola volta dal campeggio per andare a vistare il Museo civico archeologico di Vetulonia dove nei mesi estivi si organizza sempre una mostra evento di prestigio ed ogni anno l’esperto informatico fa immancabilmente tappa.
Dario metteva da sempre
l’archeologia con tutto il fascino che gli provocava al pari del suo interesse
per il lavoro che svolgeva e quando riusciva a ricavarsi del tempo libero,
soprattutto nei fine settimana, si organizzava per andare a scoprire i beni
racchiusi all’interno delle strutture museali in lungo ed in largo per
l’Italia.
“Stamattina ti porto a
vedere un posto bellissimo, ma non avremo tempo per fare tutto il tour.
Vetulonia merita almeno una giornata da trascorrerci intensamente, immergendosi
nella sua storia.
Giovanna salì sullo scooterone e si strinse a Dario. Attraversarono il centro di Castiglione della Pescaia e raggiunsero in venti minuti la frazione etrusca. Parcheggiata la moto in piazza Vatluna, si spostarono in un bar nel cuore del borgo e dopo il caffè visitarono il museo accompagnati da una simpaticissima guida.
Prima di scendere dal colle e fare ritorno in zona Rocchette, Dario si accostò con lo scooter vicino all’ingresso di un’area archeologica e dalla recinzione gli indicò alcuni scavi. Da buon accompagnatore erudito iniziò un racconto contestualizzando il luogo con la vita della popolazione di quei tempi.
A Giovanna però quella gita inaspettata
le provocò dopo il momento di curiosità iniziale, un senso di fastidio già dal momento che aveva messo piede a Vetulonia, che però mascherò vedendo la passione e la gioia provata da Dario,
ma davanti a quei resti di storia infierì drasticamente sul suo giovane amante.
“Questa avventura è in
scadenza, fra qualche giorno torniamo alla routine quotidiana nelle nostre rispettive
città ed a me non piacciono gli addii. Lo sapevamo entrambi che sarebbe finita
in questo modo. Prendiamo Vetulonia come punto di arrivo di un bel momento. Lo
ammetto e non mi vergogno mi sono divertita, abbiamo fatto tanto buon sesso, ma basta così”.
Giovanna aveva deciso
anche altro. Rientrata ad Arezzo rivelò al marito la lunga relazione
clandestina che stava portando avanti con il medico e che voleva chiudere il loro matrimonio, incolpando il coniuge principalmente di averla sempre data per scontata.
Finita quella confessione
che avvenne davanti al portone dell’ufficio della donna, lei già si preoccupava
dell’inizio di una forte reazione emotiva di Rodolfo, ma dopo quell’annuncio l’infermiere
si rivelò quell’uomo che la moglie aveva conosciuto durante il loro fidanzamento
ed i primi mesi di matrimonio, essenziale e diretto facendole assumere immediatamente e con lucidità le proprie
colpe.
“Io sono uno che fa
pubblicamente il piacione, il giullare, ma se volessi davvero tradirti non sarei
così plateale come tutti mi vedono”.
Rodolfo, fatto il primo
punto della situazione si appoggio all’auto parcheggiata nello spazio riservato
al suocero che ancora non era arrivato in studio e proseguì.
“Tu sei completamente il mio opposto” le disse con un sorriso tagliente, pronto a difendere il suo modo di vivere. “Mi stai mentendo su tutto da troppo tempo e che stavamo andando alla deriva lo avevo capito da molto. Mi ero dato una scadenza che non era l’estate ma con l’inizio delle scuole potevo lasciare la casa anche perché i nostri figli avrebbero le loro molte attività da seguire ed avrebbero sofferto meno la mia assenza, che potevo sopperire nei fine settimana. Hai solo anticipato il momento. Hai deciso tutto te senza un confronto serio e ti sei anche disegnata un alibi per il tuo egoismo intellettuale creandoti una storia parallela con un altro uomo da potermi spiattellare per darmi il ben servito”.
“Credimi – aggiunse Rodolfo
- io non ti ho mai tradito ed ero pronto ad aspettare il tuo riavvicinamento e
non per i nostri figli ma per come ho conosciuto la mia Giovanna, quella donna
attenta a me ed ai nostri interessi, che però ha deciso di farmi fuori dalla
sua vita senza motivarmi il perché”.
Rodolfo già da quella
sera si sposto in un attico in centro dei suoi genitori e la Giovanna il giorno
seguente chiuse anche la relazione con il medico, andando alla ricerca di una
serenità interiore che al momento non vedeva all’orizzonte.
Gino, l’uomo del
salvataggio dello stabilimento Villini era il bagnino che nessun titolare di
attività balneare avrebbe richiamato dopo averlo provato l’anno seguente. La
sua fama da tempo lo precedeva, ma la
fortuna e gli incidenti di percorso all’interno degli stabilimenti balneari gli
offrivano tutti gli anni l’opportunità di lavorare sul litorale castiglionese per dei brevi periodi.
Sulle disgrazie
organizzative degli altri il Gino riusciva a tirare fuori un po’ di denaro che
assieme al lavoro nei filari dell’uva in occasione della vendemmia, alla
raccolta delle olive, all’andare a fare funghi per venderli metteva assieme un
reddito di sopravvivenza ormai collaudato nell’arco della sua esistenza.
Gino viveva con la
sorella, single come lui, in una casa di proprietà alle Paduline ereditata dai
genitori. Il luogo comune, del bagnino “sciupa femmine” a lui non calzava a
pennello, nonostante che nella sua carriera di operatore di spiaggia qualche
avventura l’avesse vissuta. Cosa che non era mai accaduta a sua sorella Agnese,
la classica donna che si occupava della casa, accudiva due anziani, marito e
moglie, che vivevano nel palazzo davanti al loro e nel tempo libero andava a
tutte le funzioni possibili ed immaginabili organizzate dalla parrocchia e di
fidanzati nessuno ne ha mai avuta notizia.
Sarà che ormai ogni anno pur
di guadagnarsi lo stipendio Gino doveva accettare anche compromessi con i
titolari degli stabilimenti, ma un’invasione sotto l’ombrellone rosso del responsabile
di tutti i salvataggi come gli si prospetto al Villini non gli era mai capitata.
Carmela aveva fatto le
presentazioni della madre a tutto il suo staff e finiti i convenevoli fu la
Fiorella a chiedere a Gino di sistemargli un lettino sotto il suo ombrellone:
“L’aiuto a controllare chi farà il bagno quando lei avrà altro da fare”.
Giustificò così sorridendo la richiesta la moglie del notaio. L’uomo obbedì ma
prima di far ritorno in spiaggia gettò nuovamente gli occhi, questa volta entrando più nel dettaglio sulla sua autoproclamata aiutante e il pensiero che trattenne non fu dei migliori, già si sentiva un ostaggio sessuale.
Tornato in spiaggia Gino
prese uno dei lettini accatastati all'inizio delle cabine e lo sistemò sbuffando a
poca distanza dalla sua sedia. Poi, senza continuare a pensare alla nuova
situazione iniziò il solito giro sotto gli ombrelloni, raccattando gli umori
degli ospiti. Dopo circa un’ora tornò nel suo quartier generale e trovò
l’ospite già distesa a prendere il sole che con gli occhiali scuri in volto
fissava il mare davanti dove erano immerse già molte persone.
“Da quel lato sta
arrivando un po’ di aria fresca, perché non sposta la sedia in riva al mare
così possiamo stare bene tutti e due?”.
A Gino in un secondo passò
per il cervello tutto il repertorio di imprecazioni che conosceva, ma non ne
pronunciò nemmeno una e trovo anche il modo e difese il suo territorio.
“Il bagnino con la sedia
rossa sta sotto l’ombrellone di colore rosso”. Non si spostò di un solo centimetro.
I modi del tutto crudi
del guardia spiagge del Villini diventarono in pochi giorni del tutto naturali
per la Fiorella. Lui pensava di aver prodotto tutt’altro risultato e prendendo
per attrazione la pazienza della donna, ma in occasione del brindisi di mezzogiorno a ferragosto che si
tenne in spiaggia qualcosa avvenne, La Fiorella si portò verso il Gino e lo baciò sulle guance. L’uomo con tanto di canotta rossa indosso
fu travolto da un attimo di impetuosità e le mise la mano che aveva libera, nell'altro teneva il bicchiere, sul fondo schiena accarezzandoglielo pesantemente. La Fiorella non
reagì e non si scostò immediatamente, ma lo fissò senza dire e fare piazzate. Trascorsero pochi secondi e si voltò per raggiunse la zona bar dove brindò con la figlia.
Gino, rimasto solo, pensò
di aver raggiunto un nuovo record: “Sarò licenziato il giorno di Ferragosto, una
cosa del genere non credo sia mai capitata ad un bagnino almeno qui a
Castiglione, ma entrerò nella leggenda del gossip estivo del paese, mandato a
casa per palpeggio alla madre della titolare”.
Il guardiano della spieggia
era già rassegnato a questo epilogo, ma intanto valutava velocemente osservando
verso la piattaforma dello stabilimento Villini se il notaio fosse stato messo
al corrente del fatto, ma non lo vide e rimase sorpreso anche dalla Fiorella che era
intenta a parlottare con la Carmela e le sembrò pure felice.
“Se dopo quella torna qui
sotto l’ombrellone le chiedo di incontrarci stasera e finiamo il discorso. Una scusa per uscire di casa da sola a cinquant'anni sarà capace di trovarla”.
Gino stava di nuovo portandosi
avanti con i suoi progetti, ma gli occorreva un luogo sicuro, soprattutto per
lei e al momento non lo aveva. Dando vita a tutta la sua creatività e fervida
immaginazione in pochi secondi trovò una location ottimale per il suo piano: “Le
darò appuntamento al cinema all’aperto, lì poi mi organizzo”.
Giacomo Bazzetti, notaio
in Milano non era a festeggiare a mezzogiorno del 15 di agosto al Villini.
Aveva lasciato detto alla figlia che sarebbe andato a vedere pescare sul molo e
poi a pranzo in un ristorante lungo la fiumara, ma non fu del tutto veritiera questa giustificazione. Proprio di buon mattino, nonostante
fosse in ferie gli arrivò addosso una questione improvvisa della quale era stato
messo al corrente solo per quanto riguarda l'urgenza con una telefonata della sua fedelissima segretaria, la
Beatrice Gertini.
“Dottore, buon Ferragosto.
La disturbo perché avrei bisogno di un suo aiuto che per me è vitale, mi sto
trovando dentro ad un incubo e prima di compiere una sciocchezza, solo lei mi
può togliere da questo impiccio”.
Il Bazzetti dopo aver
detto “Buongiorno Beatrice” era rimasto a bocca aperta senza aggiungere altro. L’enfasi
della sua segretaria l’aveva spiazzato e continuò ad ascoltare.
“Sto arrivando a
Castiglione della Pescaia, credo di essere lì verso mezzogiorno, lascio la macchina
in uno dei parcheggi del centro, ci possiamo vedere vero? La prego”.
Un attimo ancora di
silenzio dell’uomo e poi l’invita al ristorante da “Genny” per le tredici dove
il pesce era sempre fresco e cucinato come si deve.
In 34 anni di onorata
carriera notarile il Giacomo Bazzetti aveva avuto con se sin dall’apertura
dello studio la Beatrice. Nubile, orfana, con la passione del podismo, le fu raccomandata
da un suo collega prossimo alla pensione. Entrata nello studio Bazzetti per un
periodo di prova a metà settimana, il lunedì successivo al suo arrivo trovò
sulla scrivania il contratto di assunzione a tempo indeterminato.
La Beatrice andava tutti
i giorni ad allenarsi al campo scuola poco distante saltando la pausa pranzo e
tornava nuovamente alla sua occupazione verso le 15:30. La sera, acquistato
quello che le necessitava per la cena all’interno di un centro commerciale, si
rintanava in casa fino al giorno dopo. Vita sociale, quella del gruppo delle
donne podiste, ma la maggior parte erano sposate con figli e quindi le
occasioni per uscire erano poche e mai nei fine settimana, riducendosi a qualche
appuntamento conviviale organizzato dai vari gruppi podistici.
Sul lavoro era
professionale e impeccabile e guidava altre due segretarie, mai una virgola. Nell’arco
degli anni non cambiò mai il suo stile di vestire, sempre tailleur con tonalità
dal grigio al marrone ed il blu nelle varie sfumature, mai un vestito più eccentrico
ed audace.
Beatrice fece l’ingresso nel locale con dei pantaloni
di cotone bianchi al ginocchio ed una camicetta floreale trasparente che lasciava
intravedere il reggiseno. Ai piedi indossava un paio di trampoli che dopo i
convenevoli e davanti ad un bicchiere di vino bianco ghiacciato il notaio volle
essere rassicurato: “Mica avrà guidato con quei cosi ai piedi da Milano a qui?”.
La donna, per un attimo trovò la voglia di sorridere e gli spiegò
immediatamente che nel parcheggio di piazza Ponte Giorgini, stando in macchina alla
meglio si era agghindata per questa occasione.
Mentre mangiavano gli
spaghetti allo scoglio, Giacomo Bazzetti ruppe gli indugi in quanto la conversazione
aveva esaurito tutti i convenevoli e le frasi di circostanza.
“Beatrice mi dice cosa le
sta succedendo e come posso aiutarla?” anche se il notaio un film tutto suo se
lo era immaginato, dove aveva già messo in conto la possibilità che la donna fosse
stata raggirata da qualche bell’imbusto. Una cosa che le poteva essere capitata
e non sarebbe stata né la prima e neanche l’ultima e magari poteva essere
accaduto proprio nel giro del mondo del running.
Prima di dare spiegazioni
la Beatrice posò le posate sul tavolo, bevve un sorso di vino del secondo
bicchiere che gli aveva versato il notaio e si confidò.
“Credo di aver contribuito
a rovinare una famiglia”.
A quella frase il notaio
Giacomo, si riconobbe nel ruolo di uomo di mondo e già si predispose meglio ad
ascoltare il resto delle spiegazioni. Per fortuna non c’erano problemi di
salute, ma solo di sentimenti che andavano ascoltati e poi indirizzati verso le
scelte di chi li stava illustrando perché di solito una soluzione la lasciano
intravedere.
“A casa mia dai primi
giorni di agosto si è trasferita una mia amica conosciuta al campo scuola e con
lei che mi alleno tutti i giorni, si chiama Doriana. Non credevo di essere lesbica, ma
è una cosa bellissima e sono profondamente innamorata di lei”.
Beatrice s’interruppe. Il
notaio ne approfittò lui stavolta per rifocillarsi con un bicchiere di vino ed
ordinandone un’altra bottiglia.
“Siamo amanti e vogliamo
vivere la nostra storia”, aggiunse la segretaria. “Lei ha un marito, per
fortuna non hanno figli, ma quell’uomo ci sta rendendo la vita difficile ed
abbiamo paura”.
Beatrice entrò nei
particolari delle ultime ore vissute con Doriana consigliandole di raggiungere
i suoi fratelli in un paesino delle Dolomiti e lei subito dopo prese l’auto per
spostarsi a Castiglione della Pescaia dove voleva un aiuto dal suo datore di
lavoro che nel mondo del capoluogo lombardo conosceva le persone giuste.
“Come usciamo di qui faccio una telefonata, ma adesso non la posso mica farle riprendere la strada per Milano? Lei ha bisogno di riposarsi, se si adegua alla situazione è ospite a casa mia, credo che potrà dormire in camera con mia figlia Carmela”.
Mentre andarono assieme a
recuperare l’auto l’uomo si affrettò a telefonare alla moglie per dirgli la novità e
ricevette un sì sbrigativo e poi, allontanandosi qualche metro, chiamò
un ispettore della Polizia, amico suo che sapeva essere in servizio in quel
periodo nel capoluogo lombardo. Parlarono qualche minuto e terminata la conversazione le rivelò il
risultato, riassumendo il tutto ermeticamente.
“Lei starà a casa mia per
qualche giorno, la Doriana, che dopo chiamerà le chiederà di fare altrettanto stando sulle Dolomiti intanto sta iniziando un incontro delle forze dell’ordine con quell’uomo e
appena la situazione si sarà sistemata, due o tre giorni, potrete tornare a
Milano”.
® Riproduzione riservata.
I luoghi sono veri ma presi in prestito per dare continuità alla storia che è
completamente di fantasia come i personaggi.