lunedì 22 dicembre 2014

Cera una volta.. e ora?... Una bella domanda e la risposta è nel libro scritto da Anna Capitoni

Sembra un diario, perché il racconto in prima persona fa pensare a una cosa del genere, ma “Cera una volta.. e ora?...”  scritto dalla castiglionese Anna Capitoni, è un romanzo che racchiude una stupenda storia rivissuta dall’autrice. 
Impossibile non rimanere coinvolti. Ti attrae dalle prime parole che inizi a leggere e arrivi al termine del libro in poco più di un’ora. Mi sono emozionato e gli occhi lucidi li ho dovuti asciugare più volte.
Il romanzo di Anna Capitoni oggi può essere acquistato on line sul sito www.ilmiolibro.it cercando Anna Capitoni oppure sempre online nel sito della libreria feltrinelli.
L’autrice è nata Castiglione della Pescaia, dove ha vissuto fino al conseguimento del  diploma di ragioneria dopodiché è emigrata a Firenze seguendo il marito Maurilio Bartolini, altro castiglionese che appartiene ad una delle famiglie storiche della cittadina balneare, essendo figlio di Oreste e Giovannina, i tabaccai di Corso della Libertà.
Anna ha sempre dei legami importanti a Castiglione, partendo dal “ghetto” dove c’è ancora la casa dei suoi nonni e dove adesso è abita la zia Italia.
Quale sensazione riscopre oggi, ma che ha vissuto anche durante la sua infanzia, quando viene a Castiglione della Pescaia?
“Il rumore delle sciroccate d'inverno e i profumi della macchia in estate, ma poi vengono fuori soprattutto i ricordi di una vita vissuta fino al diploma di maturità con gli amici e i familiari”.
Ci spiega perché il suo libro si apre con la frase “La miglior vendetta è il perdono”?
“E’ l'insegnamento che mi ha lasciato il mio babbo Pietro Capitoni”.
Lo presenta alle nuove generazioni di castiglionesi?
“Eera un’enciclopedia del mare. Pescatore di antiche tradizioni, discendente da una famiglia di pescatori. Conosceva il mare come le sue tasche”.
Nel suo libro ha scritto: “C’era una volta un paese benedetto da Dio”, oggi lei come vede Castiglione della Pescaia?
“E' tutt'ora un paese benedetto da Dio. Basta guardarlo”.
Non scopriamo molto del suo lavoro, ma diamo delle piccole anticipazioni: Palazzo Ristori, il ghetto, il vecchio asilo delle suore, tutti luoghi di cui ha parlato facendoli conoscere in modo inconsueto, ma  quando le capita di passare da quelle parti come rivede il suo passato ?
“Rivedo una bambina felice” 
Non posso fare a meno di chiederle, perché ne ha messo in evidenza aneddoti interessanti della  “sua” scuola elementare in piazza Pascoli, dei lavatoi e del lupo mannaro, tutti episodi che hanno formato la sua adolescenza: come li ricorda?
“Quelli della scuola purtroppo sono sfumati. Ricordo però la campanella suonata a mano dalla bidella, le recite nella palestra adibita a teatro, i quaderni neri, le prime Biro. La maestra che era venerata come una seconda mamma. La leggenda del lupo mannaro circolava tra noi bambini che credevamo che ci fosse una persona che nelle notti di plenilunio si trasformasse in lupo”.
Nel suo libro ha parlato del lungomare di levante e di Willeis. Mi ha ricordato il bar La Conchiglia, oggi Skipper, secondo lei cosa direbbe se vedesse questo locale oggi?
“Penso che lo amerebbe come amava il Bar la Conchiglia”.
E poi storie collegate alla schiaccia di Celso, al gazebo di Maria di Gnagna, al cinema di “Cirillo”, al palio del 15 di agosto?  Tutto ben inserito in un contesto così armonioso, non trova?
“Erano tutte cose molto semplici e genuine. Forse quelle che oggi non ci sono più”.
Ha parlato dell’hotel Miramare definendolo l’albergo dei ricchi, come le era nata questa associazione?
“Quando ero piccola, era veramente l'unico albergo dove potevi incontrare gente ben agghindata e cosi per me bambina era l'albergo dei ricchi”.
Poi c’è Matteo il barbiere che suonava la chitarra?
“Sì. Lui era il Barbiere di fine piazza, quello più vicino alle Paduline. Quando passavo lì davanti, lo vedevo in piedi con la chitarra che suonava in attesa degli avventori”.
Torniamo alla sua famiglia e al mezzo di lavoro di suo padre: cosa si ricorda del Luigiotto?
“Le sere sul molo in attesa del rientro, ma anche la sera della processione in mare o l'uscita quando rientrò Ambrogio Fogar dal giro del mondo in solitario”.
Potremmo continuare questa intervista all’infinito, ma con l’auspicio che qualcuno faccia come me e legga il suo libro, che contiene tanti altri aneddoti non meno importanti, concludiamo con una sua affermazione: i castiglionesi attuali sono gelosi del loro paese, come lo erano quelli del passato?
“Sì, come allora. Castiglione della Pescaia è il loro paese, il più bello del mondo”.
Rossano Scaccini
©Riproduzione riservata
Foto gentilmente concesse da Anna Capitoni

domenica 21 dicembre 2014

L'ironia che Sandro Settimj mette nel far confrontare Ugo con il mondo femminile è divertente. Basta questo per leggere Per quanto mi riguarda sono sempre innamorato

Ma come sono i rapporti fra uomini e donne? Con una pungente ironia, Sandro Settimj, scrittore romano, lo spiega nel suo primo romanzo che si intitola “Per quanto mi riguarda sono sempre innamorato”.
Il protagonista è Ugo, un uomo che definirei imbranato e vive in un mondo immaginario. E’ sempre in cerca di una donna, ma il suo tipo ideale la può trovare solo nel mondo delle favole e di conseguenza nei tentativi di inanellare rapporti nella vita di tutti i giorni viene fuori immancabilmente il suo mondo caotico che si porta dietro di confrontarsi con l’altro sesso e gli inevitabili insuccessi.
 L’occasione di confrontarmi con questo autore è arrivata e non me la faccio scappare.
Chi è Sandro Settimj?
“Uno che ha sempre lavorato scrivendo e che vede finalmente aprirsi una nuova opportunità”.
Lei come descriverebbe Per quanto mi riguarda sono sempre innamorato?
“A suo modo, è un romanzo di formazione: l'apprendistato erotico-sentimentale di un giovane amante delle fiabe e dell'amor cortese che fatica a prendersi sul serio”.
Quanto lei è uguale a Ugo, il personaggio del libro?
“Ugo è mio fratello”.
Ma il sesso forte allora sono le donne?
“Se non altro, sono quello meno debole”.
Lo sono sempre state o lo sono diventate?
“Se penso alla grinta di mia nonna, mi verrebbe da dire che ora si sono ammorbidite”
 Il romanticismo non va più di moda se lo manifesta un uomo?
“In un'epoca di maschi alfa che non devono chiedere mai, se nasci con un animo incline al romantico e al due cuori e una capanna, sei uno destinato a prendere schiaffi dalla vita”.
L’apparenza quanto porta fuori strada?
“Secondo me, è la mente a portare fuori strada. Passi l'esistenza a inseguire la donna o l'uomo ideale e ti perdi gli incontri reali che ti riserva la vita”.
 Ugo e la sua donna ideale: una loro giornata tipo.
“Ugo spera di non avere mai una giornata tipo con la sua donna, perché vede la routine come un pericoloso segno di crisi... “.
Il pensiero di Ugo non ci sono più le donne di una volta, quanto è attuale?
“In realtà non pensa che non ci siano più le donne di una volta. Semplicemente, non le conosce, perché vive nelle proprie fantasie.
Ugo come vive i giorni di festa?
“Con la sua donna in una baita in montagna, al contrario di suo fratello che invece resta da solo a casa a cercare di scrivere”.
Rossano Scaccini

© Riproduzione riservata

sabato 13 dicembre 2014

La fantasia di Andrea Vitali ha portato in libreria Biglietto, signorina. Una storia divertente con continui colpi di scena


Biglietto, signorina è l’ultimo romanzo arrivato in libreria di Andrea Vitali e come tutte le sue altre pubblicazioni sta avendo un grande successo.
Per “noi” fans" del medico di Bellano è stato un piacere ritrovare la riscrittura completa di un vecchio testo, che  si arricchisce con l'osservazione di recenti comportamenti di politici locali, da cui la figura del rampante vice sindaco, personaggio poco limpido che entra in conflitto con le sue ambizioni quando a Bellano capita questa "signorina" alla ricerca disperata di un dottor Nonimporta, conosciuto precedentemente in quel di Milano. Dietro quel nome fittizio si cela il vice sindaco e dalla necessità di comporre il guaio in cui si è cacciato nasce e si sviluppala trama della storia con classica soluzione finale: gli indagati sono schierati dinanzi all'investigatore sino al momento in cui salterà fuori il colpevole.
Dottor Vitali, che cosa succede nella Bellano attuale?
“Le novità a Bellano sono sempre quelle: il paese si impoverisce di persone residenti ma si arricchisce di storie da raccontare. E' un miracolo!”.
Lei, diventando un autore famoso, ha già avuto in vita, un riconoscimento dalla sua cittadina, l’intitolazione di una panchina dove ama sostare e prendere appunti per i suoi romanzi: le  hanno dedicato altro?
“Per il momento la panchina resta l'unico omaggio " post mortem in vita " che ho ricevuto e mi auguro che tale resti nella sua unicità per molti tempo ancora”.
Il “fenomeno” Andrea Vitali ha portato a un incremento turistico ininterrotto nel suo paese, sta continuando questo trend?
“Le visite, guidate e no, ai luoghi delle storie proseguono con un passo invernale: è più facile adesso incrociare lettori singoli curiosi di sapere che non gruppi veri e propri che prediligono la bella stagione”.
Non solo scrittura per Andrea Vitali: documentandomi ho scoperto che ha messo in scena anche spettacoli teatrali con attori particolari?
“Abbiamo dato vita a una collaborazione, che ha già compiuto un anno, con i malati psichiatrici del CRA di Piario, alta val Seriana: con loro e grazie all'intervento musicale dei Sulutumana abbiamo realizzato già due spettacoli di poesia en plein air e siamo alle porte della proposta di una favola natalizia completamente recitata dai " matti ".
Ma gli abitanti di Bellano come stanno vivendo questa popolarità riflessa?
“Sono tranquilli: la popolarità riflessa non scalfisce più di tanto i ritmi delle loro vite e nemmeno l'arrivo della " signorina " del romanzo riuscirebbe a farlo”.
Rossano Scaccini
©Riproduzione riservata






mercoledì 10 dicembre 2014

Pronto, France'? Con Massimiliano Ciarroca torna la satira negli scaffali delle librerie


I suoi dialoghi immaginari sono molto seguiti sui vari social. Pronto, France'? è la prima raccolta satirica mandata in libreria da Massimiliano Ciarrocca.
Nato a Roma nel 1979 è allievo della scuola di scrittura Omero, collabora con la rivista «Mag O» e l'inserto satirico «Liberoveleno». 
Ciarroca sta avendo un grande successo con le vendite del suo libro. Ma che cosa sta decretando questa popolarità? Soprattutto le divertenti telefonate che si susseguono fra Gesù e Papa Francesco.
Ma in Pronto, France’? c’è molto altro. L’autore arriva a pungere con sapiente bravura molti altri settori della vita di tutti i giorni.
Ci presenta Pronto, Francé?
“E’ una raccolta di dialoghi comici e satirici – spiega Massimo Ciarroca -  che tratta di diversi argomenti: tecnologia, televisione, personaggi storici e poi la religione. Proprio quest’ultima ha dato il titolo al libro per le telefonate che Papa Francesco riceve da Gesù, il suo datore di lavoro”.
Come è arrivato a pubblicare questa prima raccolta?
“All’inizio scrivevo su Facebook i miei dialoghi. Verso l’inizio del 2014 hanno cominciato ad avere un discreto successo, fino al punto in cui sono stato notato dalla Fazi Editore. Li abbiamo raccolti, ho scritto degli inediti e abbiamo editato quelli esistenti rendendoli più adatti al libro. E’ stato un lavoro lungo e complesso ma il risultato finale è ottimo e il libro sta andando bene”.
Andiamo oltre il libro: secondo lei papa Francesco e Gesù oggi di che cosa hanno parlato?
“Probabilmente di niente, vista l’immobilità della chiesa. Nella mia testa invece Gesù ha chiesto a Francesco come mai condanna sempre tutto e non condanna mai il Natale, i suoi simboli e il consumismo che lo caratterizza chiedendo ai suoi fedeli di astenersi dal festeggiare in questo modo”.
Si sente uno scrittore che ama la satira?
“Certo. Oltre ad amare la satira mi considero anche un suo orfano. Mi manca la satira in TV. Tantissimo”.
Continuerà con questo modo di scrivere così irriverente che a me è piaciuto?
“Se posso e il libro funziona e va tutto bene sì. Mi piace far ridere gli altri e mi piace irridere il potere. E’ il miglior passatempo che mi sia capitato di avere nella vita”.
Rossano Scaccini

©Riproduzione riservata.

lunedì 8 dicembre 2014

IL TRENO CORREVA E SARA GIOMMONI ARRIVERA' LONTANO

“Credo che Il treno correva sia un libro profondo e “sorridente”, che a sua volta aiuti a sorridere anche delle cose più tristi. Penso anche che contenga in sé una miriade di sfumature diverse: la malinconia, l’ironia e, infine, la gioia della rinascita… a volte, tutte nello stesso racconto. Lo consiglio a chiunque ami la natura e l’analisi introspettiva, perché sono entrambi due elementi molto presenti. Credo che possa riscuotere successo anche con gli inguaribili romantici e con i sognatori, quelli che si sforzano di veder sempre il lato bello delle cose e delle persone, ma forse sarebbe l’ideale soprattutto per le persone troppo rigide e schematiche, chissà”.
Bastano queste poche parole pronunciate da Sara Giommoni a farmi ancora di più credere che nel mio bel paesello ci sia una donna che con lo scrivere farà strada.
Faccio un passo indietro. Ho assistito l’estate scorsa a Castiglione della Pescaia alla presentazione de Il treno correva e sebbene in un piccolo comune di poco meno di ottomila anime si sa tutto di tutti, della bravura nello scrivere di Sara Giommoni non ne sapevo nulla.
Il libro l’ho acquistato qualche giorno dopo, personalmente sono per il digitale, ma quando non ne posso fare a meno e sono incuriosito, torno al cartaceo e stavolta il “sacrificio” è stato ben ripagato.
Sara Giommoni è una venticinquenne come tante altre, confusa e complicata. Quello che inganna di lei è che, vedendola, sembrerebbe una ragazza tranquilla, e invece è tutto tranne questo.  Per il resto è ingarbugliata più o meno come tutti: alterna sprazzi di solarità a momenti di malinconia e voglia di solitudine che rasentano la misantropia.
Castiglione della Pescaia per lei vuol dire?
“Radici solide a cui ancorarsi nei momenti di sbandamento, culla di mare a cui tornare quando ne sente più il bisogno e dimora calda da proteggere e conservare nel proprio cuore. Quando sono felice, Castiglione palpita dentro di me, quando non lo sono, cerco disperatamente di ricreare l’atmosfera del paesino dentro di me”.
Gli abitanti come li descriverebbe?
“I castiglionesi sono gente generosa e diretta. Sono orgogliosi e innamorati del proprio paese, con un atteggiamento che a volte si avvicina alla superbia verso la maggior parte degli altri posti. Del resto è vero che pochi luoghi hanno la poesia di Castiglione”.
Per invogliare a leggere Il treno correva,  cosa potrebbe aggiungere?
“Credo che sia un libro profondo e “sorridente”, che a sua volta aiuti a sorridere anche delle cose più tristi. Penso anche che contenga in sé una miriade di sfumature diverse: la malinconia, l’ironia e, infine, la gioia della rinascita… a volte, tutte nello stesso racconto. Lo consiglio a chiunque ami la natura e l’analisi introspettiva, perché sono entrambi due elementi molto presenti. Credo che possa riscuotere successo anche con gli inguaribili romantici e con i sognatori, quelli che si sforzano di veder sempre il lato bello delle cose e delle persone, ma forse sarebbe l’ideale soprattutto per le persone troppo rigide e schematiche, chissà”.
E le vendite del libro come le definirebbe?
“Direi ottime: non me lo sarei mai aspettata. Approfitto della domanda per ringraziare tutti i castiglionesi, che mi hanno dimostrato veramente tanto affetto e partecipazione in questa occasione. Grazie veramente di cuore per avermi non solo dimostrato stima e simpatia, ma anche per avermi spronato a crederci”.
Il treno correva è composto da 12 racconti in 80 pagine, ma che cosa pensa d’aver comunicato?
“Credo - e soprattutto spero - di aver comunicato l’amore per la natura, per i bambini e per il mondo in generale, in una visione generale in cui la malinconia in realtà è solo l’altra faccia della felicità, qualcosa da abbracciare invece che da rifiutare”.
Leggendolo ho trovato fra le righe uno stato d’animo che spesso le persone tendono a nascondere, la fragilità. Perché ne parla?
“La fragilità oggi come oggi è un tabù, qualcosa di cui vergognarsi. Poi, conoscendo le persone più a fondo, ti rendi conto che lo siamo tantissimo tutti, senza distinzioni. E allora capisci che essa può diventare un’immensa risorsa, una grande forza…se solo si fa un salto (inteso come crescita interiore) e si ammette di aver bisogno, disperatamente bisogno, di approvazione e di amore”.
Documentandomi un po’ ho letto che ha in mente un romanzo: può svelare l’ambientazione e qualcosa in più?
“Pensavo, sì, di provare a cambiare genere, privilegiando però sempre l’interiorità e legando la vicenda al mare, elemento che amo.  Come linea guida mi ispira la convinzione che un’anima qualunque è ancora più affascinante ed ermetica dei misteri legati all’immensa distesa salata, il che è tutto dire. Volevo quindi legare le due cose: una personalità densa e complessa e lo spirito del mare. Al momento, però, ho scritto una pagina o poco più, perché sono alle prese con un’impresa ben più ardua per quel che mi riguarda: scrivere la tesi!”.
Lei è una scrittrice giovane, ma che i ragazzi non leggono è risaputo: Sara Giommoni cosa propone per farli avvicinare a viaggiare con la memoria?
“I bambini vanno rieducati alla meraviglia. Quindi sono del parere che la televisione andrebbe evitata il più possibile, mentre è da recuperare l’aspetto del gioco, delle chiacchiere e del racconto. I bambini vanno ascoltati, osservati e guidati alla scoperta del mondo in modo leggero, fantasioso, e allo stesso tempo concreto e responsabile. Allo stesso modo, devono essere accostati al libro come ad un oggetto magico, misterioso e indefinitamente prezioso. Il resto verrà da sé: ogni bambino non fa altro che seguire l’esempio dell’adulto e ha inoltre un estremo bisogno di fantasia”.
Sempre cercando notizie su di lei ho scoperto una cosa che ci accomuna: l’esigenza quotidiana di mettersi davanti a una pagina vuota del programma di videoscrittura del computer e riempirla con i nostri pensieri e nel suo caso scrivere un romanzo: come si guarisce?
“Personalmente, mi sento “malata” quando non ho voglia non riesco a scrivere. Quindi sì, ha ragione: si tratta di una dipendenza, anche se questa affermazione mi fa sorridere. La mia speranza è, infatti, che questa mia particolare forma di “sottomissione” alla scrittura non passi mai, perché mi aiuta a stare meglio con me stessa e con gli altri e mi aiuta a superare i miei limiti. Per dire una sciocchezza che però sciocchezza non è: ho sempre avuto la fobia di parlare in pubblico. Solo il pensiero di tanti occhi puntati su di me mi terrorizza tuttora. Ma quando si è trattato di parlare di libri, di editoria, dei miei racconti… le mie paure sono svanite e, a quanto pare, mi sono rivelata un’abile affabulatrice. Quindi credo che esistano delle febbri “sane” che allontanino i freni inibitori, arrivando addirittura a svelare le stesse parti oscure di ognuno. E allora ben venga essere “febbricitante” ….
Rossano Scaccini
©Riproduzione riservata
Foto gentilmente concesse da Sara Giommoni