Cera una volta.. e ora?... Una bella domanda e la risposta è nel libro scritto da Anna Capitoni
Sembra un diario, perché il racconto in prima persona fa pensare a una
cosa del genere, ma “Cera una volta.. e ora?...” scritto dalla castiglionese Anna Capitoni, è un
romanzo che racchiude una stupenda storia rivissuta dall’autrice.
Impossibile non rimanere coinvolti. Ti attrae dalle prime parole che inizi a
leggere e arrivi al termine del libro in poco più di un’ora. Mi sono emozionato e gli occhi lucidi li ho dovuti asciugare più volte.
Il romanzo di Anna Capitoni oggi può essere acquistato on line sul sito www.ilmiolibro.it cercando Anna Capitoni
oppure sempre online nel sito della libreria feltrinelli.
L’autrice è nata Castiglione della Pescaia, dove ha vissuto fino al
conseguimento del diploma di ragioneria
dopodiché è emigrata a Firenze seguendo il marito Maurilio Bartolini, altro
castiglionese che appartiene ad una delle famiglie storiche della cittadina
balneare, essendo figlio di Oreste e Giovannina, i tabaccai di Corso della
Libertà.
Anna ha sempre dei legami importanti a Castiglione, partendo dal “ghetto”
dove c’è ancora la casa dei suoi nonni e dove adesso è abita la zia Italia.
Quale sensazione riscopre oggi, ma che ha
vissuto anche durante la sua infanzia, quando viene a Castiglione della Pescaia?
“Il rumore delle sciroccate d'inverno e i profumi della macchia in estate,
ma poi vengono fuori soprattutto i ricordi di una vita vissuta fino al diploma
di maturità con gli amici e i familiari”.
Ci spiega perché il suo libro si apre con
la frase “La miglior vendetta è il perdono”?
“E’ l'insegnamento che
mi ha lasciato il mio babbo Pietro Capitoni”.
Lo presenta alle nuove generazioni di castiglionesi?
“Eera un’enciclopedia
del mare. Pescatore di antiche tradizioni, discendente da una famiglia di
pescatori. Conosceva il mare come le sue tasche”.
Nel suo libro ha scritto: “C’era una volta un paese
benedetto da Dio”, oggi lei come vede Castiglione della Pescaia?
“E' tutt'ora un paese benedetto
da Dio. Basta guardarlo”.
Non scopriamo molto del suo lavoro, ma diamo delle
piccole anticipazioni: Palazzo Ristori, il ghetto, il vecchio asilo delle
suore, tutti luoghi di cui ha parlato facendoli conoscere in modo inconsueto,
ma quando le capita di passare da quelle
parti come rivede il suo passato ?
“Rivedo una bambina
felice”
Non posso fare a meno di chiederle, perché ne ha messo
in evidenza aneddoti interessanti della “sua” scuola elementare in piazza Pascoli, dei
lavatoi e del lupo mannaro, tutti episodi che hanno formato la sua adolescenza:
come li ricorda?
“Quelli della scuola
purtroppo sono sfumati. Ricordo però la campanella suonata a mano dalla
bidella, le recite nella palestra adibita a teatro, i quaderni neri, le prime
Biro. La maestra che era venerata come una seconda mamma. La leggenda del lupo mannaro
circolava tra noi bambini che credevamo che ci fosse una persona che nelle
notti di plenilunio si trasformasse in lupo”.
Nel suo libro ha parlato del lungomare di levante e di
Willeis. Mi ha ricordato il bar La Conchiglia, oggi Skipper, secondo lei cosa
direbbe se vedesse questo locale oggi?
“Penso che lo amerebbe
come amava il Bar la Conchiglia”.
E poi storie collegate alla schiaccia di Celso, al
gazebo di Maria di Gnagna, al cinema di “Cirillo”, al palio del 15 di agosto? Tutto ben inserito in un contesto così
armonioso, non trova?
“Erano tutte cose molto
semplici e genuine. Forse quelle che oggi non ci sono più”.
Ha parlato dell’hotel Miramare definendolo l’albergo
dei ricchi, come le era nata questa associazione?
“Quando ero piccola, era
veramente l'unico albergo dove potevi incontrare gente ben agghindata e cosi
per me bambina era l'albergo dei ricchi”.
Poi c’è Matteo il barbiere che suonava la chitarra?
“Sì. Lui era il Barbiere
di fine piazza, quello più vicino alle Paduline. Quando passavo lì davanti, lo
vedevo in piedi con la chitarra che suonava in attesa degli avventori”.
Torniamo alla sua famiglia e al mezzo di lavoro di suo
padre: cosa si ricorda del Luigiotto?
“Le sere sul molo in
attesa del rientro, ma anche la sera della processione in mare o l'uscita
quando rientrò Ambrogio Fogar dal giro del mondo in solitario”.
Potremmo continuare questa intervista all’infinito, ma
con l’auspicio che qualcuno faccia come me e legga il suo libro, che contiene
tanti altri aneddoti non meno importanti, concludiamo con una sua affermazione:
i castiglionesi attuali sono gelosi del loro paese, come lo erano quelli del
passato?
“Sì, come allora.
Castiglione della Pescaia è il loro paese, il più bello del mondo”.
Rossano Scaccini
©Riproduzione riservata
Foto gentilmente concesse da Anna Capitoni