venerdì 16 dicembre 2016

Scrivere è un mestiere pericoloso. Lo sostiene Alice Basso, ma i suoi romanzi sono davvero da leggere


“A Castiglione della Pescaia ci sono venuta per fare una presentazione in libreria e mi ricordo ancora con grandissimo piacere la lunga passeggiata che ho fatto quel pomeriggio, e anche la cena subito prima della presentazione, in effetti. perché cucinare mi farà schifo, ma mangiare bene mi piace tantissimo!”.
Dopo essermi presentato Alice Basso, che è in libreria con “Scrivere è un mestiere pericoloso”, mi racconta anche altre sensazioni provate durante la sua permanenza nel mio “paesello”.
Dal punto di vista editoriale, Alice Basso è un gradito ritorno sugli scaffali delle librerie. Grazie ad alcune combinazioni fortuite, dopo aver letto il suo ultimo lavoro , sono arrivato a contattarla e l’intervista che ne è seguita è davvero piacevole.
Per chi ancora non la conosce, Alice Basso, proviene dalla provincia di Milano, ma da un po' vive in quella di Torino, ha 37 anni e da una decina lavora nell'ambito editoriale, come redattrice, editor, traduttrice. Ha lavorato quasi sempre in piccole case editrici, di quelle in cui impari a fare un sacco di cose perché i componenti dello staff sono pochi e devono tutti imparare a fare praticamente ogni cosa in modo da essere intercambiabili in caso di necessità (e infatti, oltre alle mansioni che ha detto, le è capitato spesso di essere anche quella che prende le telefonate dei clienti, che manda i materiali promozionali ai distributori, che imposta le copertine, e così via). L'ambiente editoriale le piace così tanto che nel 2014 ha deciso di scriverci un libro sopra. Quando l'ha finito, le è sembrato meno peggio di altre cose che aveva scritto in precedenza, così, senza crederci troppo, l'ha inviato a un'agenzia, e ha funzionato. "L'imprevedibile piano della scrittrice senza nome" è uscito per Garzanti nel maggio 2015 e nel 2016 è uscito il sequel, "Scrivere è un mestiere pericoloso". Hanno per protagonista Vani Sarca, giovane ghostwriter che lavora dietro le quinte di una grossa casa editrice e si trova periodicamente coinvolta in casi di cronaca nera su cui indaga al fianco del commissario Berganza. La serie proseguirà: nella primavera del 2017 dovrebbe uscire il terzo volume.
“Scrivere è un mestiere pericoloso” potrei dire che parte da un gesto, una parola, un'espressione del viso. A Vani bastano piccoli particolari per capire una persona, per comprenderne il modo di pensare. Una dote speciale di cui farebbe volentieri a meno. Perché Vani sta bene solo con sé stessa, tenendo gli altri alla larga. Ama solo i suoi libri, la sua musica e i suoi vestiti inesorabilmente neri. Eppure, questa innata empatia è essenziale per il suo lavoro: Vani è una ghostwriter di una famosa casa editrice. Un mestiere che la costringe a rimanere nell'ombra. Scrive libri al posto di altri autori, imitando alla perfezione il loro stile. Questa volta deve creare un ricettario dalle memorie di un'anziana cuoca. Un'impresa più ardua del solito, quasi impossibile, perché Vani non sa un accidente di cucina, non ha mai preso in mano una padella e non ha la più pallida idea di cosa significhino termini come scalogno o topinambur. C'è una sola persona che può aiutarla: il commissario Berganza, una vecchia conoscenza con la passione per la cucina. Lui sa che Vani parla solo la lingua dei libri. Quella di Simenon, di Vázquez Montalbán, di Rex Stout e dei loro protagonisti amanti del buon cibo. E, tra un riferimento letterario e l'altro, le loro strambe lezioni diventano di giorno in giorno più intriganti. Ma la mente di Vani non è del tutto libera: che le piaccia o no, Riccardo, l'affascinante autore con cui ha avuto una rocambolesca relazione, continua a ripiombarle tra i piedi. Per fortuna una rivelazione inaspettata reclama la sua attenzione: la cuoca di cui sta raccogliendo le memorie confessa un delitto. Un delitto avvenuto anni prima in una delle famiglie più in vista di Torino. Berganza abbandona i fornelli per indagare e ha bisogno di Vani. Ha bisogno del suo dono che le permette di osservare le persone e scoprirne i segreti più nascosti.
Eppure la strada che porta alla verità è lunga e tortuosa. A volte la vita assomiglia a un giallo. È piena di falsi indizi. Solo l'intuito di Vani può smascherarli.
Vani, la protagonista dei suoi romanzi, quanto le assomiglia nel quotidiano?
“Per certe cose molto, per altre (quelle più importanti) molto poco. In comune abbiamo la passione per la battuta sarcastica e dissacrante e la tendenza a fare dell'ironia su tutto; l'amore per il whisky torbato; il fatto di tagliarci i capelli da sole davanti allo specchio; l'odio misto ad incapacità nei confronti della cucina. Ah, e i gusti letterari, perché Vani parla sempre di libri (sono la sua vita!) e ne ho approfittato per farla parlare dei romanzi che piacciono a me”.
“Le differenze come dicevo sono più evidenti: lei si veste sempre di nero e non ama il contatto con la gente; io, fortunatamente, sono molto più socievole!”.
 Documentandomi su di lei ho scovato alcune curiosità: incominciamo: fa parte di una band rock e che compone anche i brani: ma salire su un palco e suonare davanti a un pubblico per lei è?
“Divertente, innanzitutto, specie se consideriamo che all'inizio ero timidissima e non sapevo proprio da dove cominciare, ma, per carità, mica mi prendo troppo sul serio: ho 37 anni, alla mia età, le rockstar vere sono già sepolte da circa un decennio!”.
Odia cucinare, quindi spaghetti al burro e fettine ai ferri in casa sua?
“Magari! Il problema è quando mi salta in mente di lanciarmi in qualche esperimento. Fortunatamente ho scoperto il lato positivo: se qualche ricetta evolve tragicamente, posso sempre raccontare la drammatica progressione del dramma su facebook e farci ridere un po' di lettori. Così che almeno sia servito a qualcosa!”.
Che cosa le piace disegnare?
“Una volta facevo fumetti, e mi cimentavo con acquerelli e chine. Ma la mia produzione più folta è senza dubbio degli anni Novanta, "penna biro su foglio di Smemoranda": ero al liceo ed era prassi che riempissi i diari dei miei compagni di vignette che immortalassero gli episodi più buffi della vita di classe...”.
Guidare non le piace e chi la porta in giro?
“No no, in verità a me guidare piace tantissimo: è a quelli che mi trovano sulla loro strada che potrebbe non piacere che io guidi! Sono due anni che giro l'Italia per fare presentazioni di qua e di là e viaggiare cantando con l'autoradio in autostrada anche ore e ore di fila è diventata un'esperienza abituale. Poi quando l'autostrada finisce ed entro nella città di turno e si tratta di destreggiarmi con il navigatore e parcheggiare, ecco, il divertimento scema un po', ma non si può avere tutto, giusto?”.
Continua ad essere una sedentaria?
“Si riferisce alla totale avversione agli sport, vero? Pare che ai bambini che si accingono a intraprendere una carriera agonistica gli istruttori mostrino una mia foto dicendo "Ricordati che se non t'impegni rischi di finire così" e per loro sia di enorme motivazione”.
Rossano Scaccini
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Foto gentilmente concesse da Alice Basso