domenica 24 ottobre 2010

La seconda vita di Davide Rebellin

“Salve a tutti sono Davide Rebellin un ciclista che indossa la bici”.
Tutti gli appassionati di questo sport conoscono la sua storia, ma con questa intervista spero di aver scovato qualcosa di non detto fino ad adesso.
La bicicletta per Davide Rebellin è?
“Rappresenta gran parte della mia vita. Ho vissuto e ho condiviso con questo mezzo: progetti, sogni, malinconie, pensieri; è stata per me un’ottima compagna di viaggio e anche in questi ultimi tempi mi è stata vicino e con lei ho condiviso pensieri e sensazioni che non si possono raccontare. E con lei condividerò un nuovo percorso agonistico nella mia seconda vita, dal 28 aprile 2011 (il 28 aprile del 2009 Rebellin dopo dei controlli risultò positivo al C.E.R.A. ed è stato escluso dal mondo agonistico del ciclismo fino al prossimo 28 aprile nda).
Davide Rebellin ha vinto molto in carriera, ma si ricorda la sua prima gara corsa?
“Sono sincero e la ringrazio è la prima volta che qualcuno mi dice che ho vinto molto, di solito mi dicono arrivi sempre secondo, come se 55 vittorie non bastassero. Tornando a noi la mia prima gara risale a molti anni fa ero giovanissimo, arrivai terzo e piansi tanto tantissimo”.
Ce la racconta?
“Sono passati 28 anni!”.
Se può rivelarlo, ci dice chi e perché dei colleghi ciclisti l’hanno ringraziata dopo una gara?
“Paolo Bettini quando gli ho fatto vincere i suoi due Mondiali”.
Mi ha preceduto, ma se le dico Paolo Bettini lei mi risponde?
“Paolo Bettini … penso non si debba aggiungere altro … dice tutto”.
Ed Alessandro Ballan?
“Un amico che ha mostrato il suo valore sul campo a dispetto dell’opinione degli esperti del ciclismo”.
Come si arriva a pensare di cambiare nazionalità per correre un mondiale?
“Quando ti senti umiliato come uomo prima che come atleta, allora decidi l’estremo, per far capire al mondo che quello che stanno facendo non è giusto”.
Invece indossare la maglia azzurra per lei che cosa rappresenta?
“Significa portare il tricolore, significa ricordare quelli che sono morti per l’unità d’Italia, ricordare i caduti delle due guerre, i nomi sui monumenti, i cimiteri militari. Questo rappresenta per me la nazionale. Non rappresenta nulla di più. Aver preso il passaporto Argentino avrebbe rappresentato un tradimento solo verso queste persone, solo che ci ho pensato dopo e quindi un giorno avrei avuto un rimpianto. Quello che sto dicendo è davvero forte, ma io per maglia azzurra intendo questo”
Quando deciderà di appendere la bicicletta al chiodo lei che cosa farà nella vita?
“Non appenderò mai la bicicletta al chiodo, ho troppo rispetto per lei”.
La sua vittoria più bella quale è stata?
“La Liegi Bastogne Liegi 2004”.
A che cosa la può paragonare?
“Non può essere paragonata a niente, una felicità assoluta che è tipica di chi realizza un sogno cullato sin da bambino. Come segnare un rigore decisivo nella finale di Coppa Campioni per esempio”.
Aveva programmato perfettamente tutto quanto invece è andato tutto male: le è mai accaduto?
“Accade sempre, questa è la vita. Per tornare al Mondiale di Verona 2004 avevo già ottenuto il Decreto dal Ministero per il Passaporto, poi non è mai arrivato, mia nonna direbbe, il diavolo ha messo la coda, adesso dico chissà forse non era il mio destino che ha voluto risparmiarmi un rimpianto futuro”.
Adesso concludiamo con un consiglio per chi va in bicicletta per il gusto di pedalare e magari è alle prime armi: per esempio come gli direbbe fare per imparare a stare meglio a ruota?
“L’importante è non stare troppo vicino alla ruota del compagno che si ha davanti, perché una banale distrazione, potrebbe essere disastrosa, se si tocca la ruota con la ruota anteriore la caduta è assicurata. Quindi quando si va in bici casco e occhi ben aperti, il resto vien da sé, ricordatevi che i bambini prima imparano a camminare e poi a pedalare, quindi andare in bicicletta è nel DNA dell’uomo”.
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