lunedì 22 aprile 2013

L'EGOISMO E' FINITO LA NUOVA CIVILTA' DELLO STARE INSIEME - DA LEGGERE


Vi consiglio questo libro: “L’egoismo è finito. La nuova civiltà dello stare insieme”, del giornalista e scrittore Antonio Galdo, un grande appassionato di futuro e cambiamento.

Volume, edito da Einaudi, che raccoglie storie di persone altruiste, di città pensate per condividere i luoghi, i trasporti e gli spazi. Concezioni nuove dell'abitare, ci sono ance storie dove si percepisce la forza della comunità ovunque: nelle città, nei condomini, sul lavoro, nelle fabbriche, nelle nostre case, ma l’autore spiega meglio il suo lavoro.

Che contiene al suo interno L’egoismo è finito?

“E’ un libro che racconta un cambio di paradigma essenziale per uscire presto e bene dalla Grande Crisi: insieme possiamo farcela, da soli è tutto più difficile”

 A prima vista potrebbe sembrare un prontuario per vivere felici: invece è?

“Diceva Aristotele: "Da soli non si può essere felici". Aggiungo che la felicità non è fatta solo di cose e di possesso: servono le relazioni!.

Valorizzare certi stili di vita, diciamo del passato, non le pare abbastanza impossibile adesso che tutto è sempre improntato a un arrivismo personale sfrenato?

“E' vero: abbiamo alle spalle lunghi decenni di egoismo, narcisismo. Qui nasce la Crisi, e da qui dobbiamo uscire”.

Nel suo libro afferma: "Sono nato in una Paese, l'Italia, che ha compiuto il suo salto nella modernità attraverso un'idea forte di comunità, in grado di comporre l'innato individualismo di un popolo. La famiglia, la fabbrica, la parrocchia, il partito, il sindacato, ma anche la piazza, il bar, il villaggio: tutti luoghi dello stare insieme. Entrati in cortocircuito sotto i colpi della civiltà dell'egoismo, e adesso riscoperti nella tempesta della Grande Crisi e nella consapevolezza che da soli è tutto più difficile, forse impossibile". Allora ci svela come si potrebbe ripartire?

“Dalla nostra storia, dalle nostre comunità, dalle nostre capacità di stare insieme. L'Italia è cresciuta su questo patrimonio di relazioni: la fabbrica, la piazza, la parrocchia, il partito, l'associazione. E da qui dobbiamo ripartire”.

L’egoismo oggi è visto da molti come una forma di benessere, ma come si è arrivati a pensarla in questa maniera?

“Abbiamo confuso il benessere materiale con la felicità, e ci siamo illusi che da soli si sta meglio. Un'illusione, appunto”.

Essere egoista vuol dire soprattutto pensare solo a se stessi: ma è difficile cambiare mentalità quando anche in questo momento di crisi profonda continuano a arrivare messaggi sempre indirizzati al successo personale?

“Nel libro si raccontano anche le nuove scoperte della scienza evoluzionista. Non è vero che nasciamo egoisti, semmai lo diventiamo. E abbiamo perfino il gene dell'altruismo, perché l'uomo senza relazioni non esiste oppure soffoca”.

Allora avere bisogno degli altri non è sinonimo di sconfitta?

“La sconfitta è la solitudine, figlia dell'egoismo”.

Secondo lei c’è un lato positivo che ci sta insegnando questa crisi, torneremo o qualcuno più giovane scoprirà la solidarietà?

“La crisi, lunga e dolorosa, perchè segna un cambio d'epoca, è anche una straordinaria opportunità di cambiamento. Dobbiamo partire, però, dai fondamentali e non dallo spread”.

Nel suo libro parla di certi stili di vita sostenibili da prendere come esempio ce li può accennare?

“Racconto il fenomeno del coworking, un fenomeno globale che significa non splo condivisione di uno spazio fisico, di un luogo di lavoro. Ma innanzitutto la contaminazione di idee e di competenze: quello che serve per fare un passo avanti e per creare opportunità. Insieme”.

Un forte contributo secondo lei potrà arrivare da internet, ma come ci può aiutare?

“La rete favorisce la condivisione. E' straordinario quanto sta avvenendo: milioni di uomini e donne, in tutto il mondo, scambiano oggetti, idee, innovazioni e perfino scoperte. Cercano gli altri e talvolta grazie a internet li trovano”.

Rossano Scaccini

© Riproduzione riservata

venerdì 5 aprile 2013

MONDI FANTASTICI DI FRANCESCO FALCONI


 

 

“Presto ambienterò un mio libro a Castiglione della Pescaia”.

Lo promette Francesco Falconi, grossetano, autore di romanzi fantasy .

Lei non è uno scrittore a tempo pieno?

“No, sono scrittore a metà, perché di giorno indosso il cappellino di ingegnere delle Telecomunicazione. La sera, invece, mi chiudo nella mia stanza per creare mondi e raccontare storie”.

Ha dichiarato che per lei la scrittura è un’esigenza, ma come le si manifesta?

“In diversi modi. Quello più semplice è la nascita di un’idea, che può avvenire in qualsiasi momento della giornata, o derivare da un’esperienza diretta. L’idea cresce, diventa tridimensionale, si trasforma in personaggi. I personaggi mi parlano, fino a obbligarmi a raccontare le loro storie. Non posso far altro, la scrittura è il mio modo di esprimermi e sentirmi me stesso”.

Mentre a 14 anni i ragazzi pensano solo a divertirsi lei ha scritto il suo primo romanzo, ma i suoi coetanei cosa le dicevano?

Estasia” è un romanzo per ragazzi, che narra la vicenda di Danny Martine, a cavallo fra il nostro mondo e uno immaginario. All’epoca amavo moltissimo il fantasy, ma desideravo una storia tutta mia, con i miei personaggi e un intreccio che mi convincesse. Così presi un quadernone  - che tutt’oggi conservo gelosamente – e mi misi a scrivere il romanzo. Non lo dissi ai miei coetanei, perché mi vergognavo né conclusi la stesura, ma abbandonai il quadernone in un cassetto. Lo ripresi in età adulta, dopo la laurea. Lo riscrissi e infine trovò una pubblicazione. Sono molto affezionato alla trilogia di Estasia, benché sia una mia prima opera – quindi se vogliamo anche immatura e diversa dallo scrittore che sono oggi”.

Il libro che al momento le ha dato maggiori soddisfazioni dai riscontri avuti dai lettori?

“Sicuramente l’ultimo, il tredicesimo romanzo. Si intitola “Muses”, edito Mondadori. È un romanzo che ha avuto una lunga gestazione, circa tre anni, prima di essere scritto. Aspettavo il momento giusto e, soprattutto, una maturazione stilistica necessaria per affrontare una storia complessa e articolata. Lo sforzo non è stato vano: i lettori sono rimasti entusiasti, basta leggere le varie recensioni che si possono trovare in rete, come su Anobii, il social dedicato ai libri”.

“Muses” per lei è?

“La storia di Alice, una ragazza nata e cresciuta nella periferia di Roma con un padre violento e alcolizzato e una madre incapace di difenderla e dimostrarle il suo affetto. Alice è una cantante rock, piena di tatuaggi e piercing, suona il violino elettronico. Si perde a Roma, cresce con compagnie sbagliate che le costeranno anche il carcere minorile. Dopo un incidente scopre di essere stata adottata e fugge a Londra per scoprire le sue origini. Qui sarà svelata una sconvolgente verità: Alice è la discendente della Musa della Musica. Nella seconda parte del romanzo, con influenze più fantastiche, ho risposto alle domande: cosa accadrebbe se le Muse vivessero tra di noi? Ai giorni nostri, come ispirerebbero gli uomini? Le loro arti si sarebbero evolute adattandosi ai tempi?”.

Il genere fantasy come le si addice?

“Ogni genere letterario è solo una veste per raccontare una storia, che sia fantastico, romance, thriller o altro. Fino ad oggi – esclusion fatta per il libro di fantascienza “Gothica” e la biografia di Madonna – ho scelto quest’abito. Nel prossimo futuro però sono intenzionato a cimentarmi nella narrativa per adulti”.

Scrivere romanzi per ragazzi, quali sono gli ingredienti principali?

“In primis non credere che i ragazzi siano degli sciocchi e che possiamo fare degli sconti. Non pensare “tanto è fantasy”, piacerà. Non funziona così. La generazione di oggi è molto matura, spesso disillusa. Scrivere per ragazzi è assolutamente difficile, sia se abbiamo come intento quello di spingere verso l’evasione, sia se vogliamo scrivere qualcosa di più realistico. Spesso noto che i genitori e le scuole adottano un atteggiamento protezionistico verso i ragazzi, cercando di rifilare storie edulcorate o solo i classici. Non sono più sufficienti, nell’era in cui tutto è accessibile via internet. Per invogliare alla lettura dobbiamo immergerci e vivere il mondo dei ragazzi di oggi. Infatti molti di loro mi seguono giornalmente sui miei canali internet: il mio sito (www.francescofalconi.it), su twitter (francescofalcon) e su facebook (/falconifrancesco).

Ma i giovani stanno lontani dai libri?

“Vivono il loro mondo. La lettura di per sé è qualcosa di più impegnativo rispetto al cinema o ai videogiochi, ma conosco tantissimi ragazzi che – seppur con uno sforzo iniziale – si sono avvicinati ai libri e adesso sono lettori onnivori anche di lettura classica. Dobbiamo comprendere i ragazzi, avvicinarli alla lettura spingendo sulle loro passioni. Dobbiamo imparare a farli ammalare di lettura”.

Il suo rapporto con il pubblico adulto in quale libro già scritto lo potrebbe meglio dichiarare centrato?

““Muses” è un libro letto anche dagli adulti. Vi racconto un piccolo aneddoto: durante una presentazione a Latina, si avvicina una donna di mezza età per un autografo. Mi chiede se può dettarmi la dedica, sorrido e accetto. E mi dice: “A Silvia, che la ringrazia per aver raccontato la sua storia”.


Rossano Scaccini

© Riproduzione riservata

 

PAOLO FRANZO’ E LA SUA VILLA GIUSTINIANI


 
Un giallo noir, che si sviluppa principalmente in Maremma. Un libro godibile e dal finale piacevole. “Villa Giustiniani Intrighi a Monte Argentario” l’ha scritto il grossetano Paolo Franzò.

Come si presenterebbe?

“Paolo Franzò è un vecchio ragazzo che per vivere fa l'operaio, cresciuto con la passione per lo scrivere, nata sui banchi di scuola e portata avanti dal 1985, collaborando con giornali e televisioni locali. Nel cassetto però, c'è sempre stata la voglia di scrivere non solo come giornalista, ma quel che mi è sempre mancato, è il tempo. Tuttavia, almeno un libro son riuscito a scriverlo, anche se la cosa è nata quasi per caso”.

Com’è arrivato a pubblicare il suo primo libro?

“Non è stato facile. Chi scrive per la prima volta, vede soprattutto porte chiuse in faccia. Nessuno ti conosce come scrittore e investire su una novità è rischioso. Le grandi case editrici, neanche hanno il tempo di leggere quel che gli mandi. Se non trovi uno sponsor, devi appoggiarti su una piccola casa editrice locale, come ho fatto io, ma alla fine paghi tutto, senza guadagnarci nulla. E' solo una piccola soddisfazione personale, punto”.

Villa Giustiniani è arrivato nelle librerie nel 2007 nell’ottima descrizione dei luoghi della zona di Monte Argentario, ci inserisce ad ogni pagina una nuova sorpresa, storie di morti misteriose, ricatti, tradimenti, servizi segreti e indagini investigative, ci spiega le sue scelte?

“La Maremma si presterebbe bene a situazioni così di fantasia da raccontare, anche a fiction televisive e altro”.

Ha collegato alla storia persone esistenti, come il fotografo più famoso della zona, perché non usare un personaggio di fantasia?

“Diciamo che è stato uno spunto. Ma il personaggio è molto romanzato. Ci ho ricamato sopra insomma”.

E’ stato lui a suggerirle certi avvenimenti o fanno sempre parte della sua immaginazione?

“E’ tutto frutto della mia mente “malata”.

Il suo libro è un bel biglietto da visita per la zona?

“Sono stato attento a rispettare luoghi e persone. Però, volendo si può vedere anche come una bella promozione del territorio che spesso è descritto come un paradiso. Del resto, la Maremma lo è per davvero”.

Cristian, Elen e Benedetta i tre personaggi che aprono il romanzo sono davvero determinati, pronti a tutto pur di emergere ed avere la meglio a qualunque costo. Quanta realtà pensa d’aver inserito in questo libro?

“La realtà che si può trovare ogni giorno, in qualsiasi quotidiano. Anzi, la realtà spesso, supera di gran lunga la fantasia”.

Ha in mente di cimentarsi ancora scrivendo un altro romanzo?

“Beh, di idee e libri cominciati e poi lasciati li, per mancanza di tempo, è piena la casa. Proprio non saprei. Anche perché ripeto, pubblicare un libro alla fine costa caro e di questi tempi, la gente legge sempre di meno. Per non parlare dei prezzi di copertina. Se non sei nessuno, i libri restano nei negozi. Ne vale la pena? Vedremo in futuro”.
 
Rossano Scaccini
© Riproduzione Riservata

Un colpo all'altezza del cuore: l'ultima fatica di Margherita Oggero


Il 6 novembre è uscito in libreria l’ultimo libro di Margherita Oggero, che s’intitola: Un colpo all’altezza del cuore.

Un giallo ambientato sempre nella “sua” Torino e la protagonista è la professoressa Camilla Baudino, personaggio conosciuto anche al pubblico televisivo perché dai romanzi scritti dall’autrice piemontese è stata realizzata una serie televisiva di successo: “Provaci ancora prof”.

Un colpo all’altezza del cuore si apre con una Torino invernale e la professoressa Baudino mentre sta andando a scuola, senza quasi aver tempo di capire cosa accade, si ritrova testimone di un brutale regolamento di conti. All'incrocio tra due centralissime vie della città una moto si affianca a un'auto e con un colpo di pistola il centauro uccide il conducente della macchina, per poi sparire nel traffico. Pochi minuti dopo, ad accorrere sulla scena del delitto per dirigere le indagini arriva l'unico poliziotto da cui la professoressa avrebbe desiderato tenersi alla larga: il commissario Gaetano Berardi. Sono trascorsi quasi tre anni da quando Gaetano e Camilla si sono incontrati l'ultima volta, ma il tempo - che a lui ha regalato qualche affascinante ruga in più, mentre a lei la pungente inquietudine per un matrimonio un po' appannato e le scaramucce con una figlia nella piena adolescenza - sembra non aver sopito del tutto un'attrazione pericolosamente vicina a trasformarsi in amore.

Poche ore più tardi, entra a far parte del romanzo la giovane dottoressa Francesca Gariglio. La polizia rinviene il cadavere di un pensionato, massacrato con una spranga: è un suo ex paziente, uno dei tanti di cui Francesca si prende cura lavorando nelle corsie dell'ospedale di Chivasso, cittadina che fino a quel momento aveva ritenuto sin troppo tranquilla. Ma in effetti tanto tranquillo quello spicchio di pianura nebbiosa non è, se pochi mesi prima la stessa Francesca era convinta di aver assistito a un altro omicidio, del quale però non si è mai riusciti a trovare traccia.

Margherita Oggero, insegnante in pensione è autrice di molti libri ambientati nel mondo della scuola. Il suo romanzo d’esordio del 2002 si intitola La collega tatuata; è stato ripreso dalla regia di Davide Ferrario nel film “Se devo essere sincera”, con Luciana Littizzetto e Neri Marcorè.

Camilla Baudino è la protagonista anche dei successivi romanzi della scrittrice piemontese, quasi tutti presenti sugli scaffali della biblioteca di piazza Garibaldi e fatti conoscere al pubblico televisivo con una serie televisiva “Provaci ancora prof”, interpretati da Veronica Pivetti.

Margherita Oggero ha insegnato lettere per oltre trenta anni, poi arriva la popolarità con i suoi romanzi. Non le dispiace essersi dedicata alla scrittura solo con l’avvicinarsi della pensione?

“No, perché, pensandoci bene, così riesco a vivere quest'avventura con più serenità e meno "ansia da prestazione"

L’evento più bello che si porterà dentro legato al mondo della scuola?

“Più di uno. Comunque mi fa sempre molto piacere vedere che alle presentazioni dei miei libri vengono ex allievi di quarant'anni e più”.

E con i suoi libri c’è un momento gradevole che le resterà impresso?

“Ogni volta che arriva la copia staffetta di un nuovo libro è un'emozione che si rinnova”.

Margherita Oggero e il suo personaggio di punta Camilla Baudino sono tornate dopo due anni in libreria con un giallo avvincente, ma che cosa vi accomuna oltre ad essere entrambe insegnanti?

“Solo il fatto che entrambe siamo donne. Camilla Baudino non è il mio alter ego, perché ho sempre evitato di fare dell'autobiografia mascherata, travestendomi da personaggio”.

La Baudino, se non fosse stata una prof chi poteva essere?

“Forse un'investigatrice professionista della Polizia, dei Carabinieri, Guardia di Finanza”.

Questa professoressa rappresenta la donna moderna che lavora e ha una vita abbastanza intensa con dubbi esistenziali, un matrimonio arrivato a un periodo fiacco e una simpatia per il commissario: ma stavolta ci sono dei cambiamenti nella sua esistenza?

“Già in questo libro c'è una serenità interiore (alla fine ndr) che nasce dall'aver fatto chiarezza su certi punti irrisolti della sua vita”.

Da scrittrice ha creato un giallo per i ragazzi direi fino a dodici anni: “L’amico di Mizu” lo può un po’ descrivere?

“Si tratta di un giallo con l'inserzione di elementi fiabeschi introdotti da un personaggio chiamato Bambino, perché non ha raggiunto la maturità cognitiva e per questo si trova suo agio con i protagonisti Clara e Lorenzo, due ragazzi decenni. Trattandosi di un giallo, c'è un crimine, l'indagine e la scoperta del colpevole”.

Tornerà a scrivere qualcosa per i bambini?

“Sì, penso l'anno prossimo (2013 ndr)”.

Se le dico Luciana Littizzetto lei mi risponde?

“Luciana è, oltre che brava professionalmente, una persona di grandissima simpatia umana e di straordinaria generosità. Sono molto contenta di esserle amica”.

E Veronica Pivetti?

“Anche Veronica Pivetti è bravissima in tanti ruoli e per di più "non se la tira". Purtroppo, abitando lei a Roma e io a Torino, le occasioni di frequentarci sono limitate”.

La televisione vince sui libri, ma in che modo si può arginare questa sconfitta?

“La scuola dovrebbe insegnare l'amore per la lettura. Ma avendo insegnato per tanti anni, so quanto sia difficile. Bisogna riuscire a fare in modo che leggere diventi un'abitudine imprescindibile, come lavarsi i denti. Ma anche la società nel suo insieme dovrebbe dare una mano, non inseguendo solo i muscoli, la bellezza fisica e la ricchezza”.

Margherita Oggero che libri tiene sul comodino?

“Un paio, mai di più perché il comodino è piccolo. E ho l'abitudine di leggere solo un libro per volta, senza inframmezzarlo con altri. Adesso sto leggendo l'ultimo di Alice Munro (Chi ti credi di essere?), che è una scrittrice che amo molto”.
 
Rossano Scaccini
©Riproduzione Riservata