Ignazio Moser già sogna la Parigi-Roubaix
Come tutti i ragazzi della sua età, anche ad Ignazio Moser piace stare al computer, seguire il calcio (è un grande tifoso dell’inter), ed ha molti amici e tanti hobby.
Ma con il cognome che porta è scontato dire che il ciclismo è la passione numero uno per questo promettente diciottenne.
Il giovane figlio di Francesco Moser è nato a Trento il 14 luglio del 1992 ed ha da poco iniziato il suo quinto anno di agraria, ma prima di parlare con lui di ciclismo, proviamo con un argomento più ostico, la scuola.
In che rapporto è con lo studio?
“Per fortuna sono al quinto anno, e dico per fortuna perché studiare non mi è mai piaciuto, anche se comunque ho sempre ottenuto dei discreti risultati”
Cambiamo argomento, anzi, entriamo in quello più specifico che interessa i lettori del mio blog, il ciclismo. Non posso sottrarmi a questa domanda che le faranno certamente in molti, ma essere figli d’arte che pregi e svantaggi provoca?
“Essere figli d’arte credo porti molti vantaggi, soprattutto dal punto di vista della visibilità e poi per il fatto che in casa mia si è sempre respirato aria e ciclismo, ma purtroppo c’è anche il rovescio della medaglia perché quando i risultati non arrivano tutti i complimenti si trasformano ben velocemente in critiche”.
Andando avanti su questa linea, lei in cosa pensa di essere simile a suo padre Francesco?
“Penso di somigliare a mio papà soprattutto nel carattere perché siamo entrambi molto testardi e una volta che ci siamo messi in testa una cosa insistiamo fino a che la raggiungiamo. Poi, anche fisicamente credo di aver preso molto da lui, forse io sono un po’ più alto, ma come struttura ci assomigliamo molto”.
Ha da poco compiuto 18 anni, sia sincoro, quanti sacrifici le impone il ciclismo?
“Io non direi che il ciclismo impone dei veri e propri sacrifici perché secondo me se c’è la passione si riesce a fare tutto senza troppa fatica, poi ovvio che alcune sere che tutti i miei amici escono e io devo rimanere a casa un po’ mi dispiace, pero cerco sempre di pensare che verrò ripagato con grandi soddisfazioni”.
Entrare in questa realtà sportiva per lei è stato inevitabile o l’ha incuriosita tutto quanto gravita attorno a questa disciplina?
“Una cosa per cui devo ringraziare la mia famiglia, e soprattutto mio padre, è il fatto che nessuno mi ha mai forzato a correre, infatti anche quando l’anno scorso avevo smesso nessuno mi ha imposto nulla ma mi è stato lasciato il tempo per rifletterci da solo. Quindi no, non è stata una scelta obbligata, ma è stato il mio forte desiderio di provare a costruirmi una carriera tutta mia che mi ha spinto a correre in bici”.
Come è scandita una giornata di Ignazio Moser?
“La mia giornata è molto simile alla giornata di tutti i diciottenni. La mattina vado a scuola, il pomeriggio mi alleno e poi esco con gli amici oppure studio. Riesco a conciliare assolutamente lo sport sia con la mia vita privata, sia con lo studio, per ora, anche se so che con l’andare degli anni le ore di allenamento cresceranno e diventerà tutto più difficile”.
Ci parla della sua ultima convocazione in azzurro in occasione dei Campionati Europei, come le sono andate le cose?
“Agli europei di San Pietroburgo sono andato con ottime ambizioni, forte del titolo italiano appena conquistato, ma purtroppo qualcosa non ha funzionato, anche per una serie di coincidenze sfortunate. Nell’inseguimento ho deluso largamente le mie aspettative facendo un tempo molto alto e concludendo al quarto posto. Ma non mi dispero più di tanto e cerco già di pensare al prossimo anno negli under 23, conscio del fatto che in quella categoria ci sono molte più possibilità di mettersi in mostra”.
Allenarsi per lei che cosa vuol dire?
“Devo ammettere che non mi è mai piaciuto molto allenarmi, ma ho sempre cercato di farlo al meglio perché so che senza allenamento e molto difficile poi fare bene nelle corse. Poi, da quest’anno, sono seguito dal Centro Mapei quindi i miei allenamenti sono diventati molto più meticolosi e costanti rispetto al passato”.
E gareggiare è?
“Per me è una cosa fantastica, ho sempre avuto un grande spirito di competizione e questo credo sia la cosa che mi ha spinto e mi spinge a volere sempre di più da me stesso per primeggiare in ogni occasione”.
I suoi sogni di ciclista sono?
“Mi sembra quasi ovvio dire che il mio sogno di ciclista è la Parigi-Roubaix, per la tradizione che lega questa corsa alla mia famiglia e perché comunque io credo che potrò essere un corridore adatto a quel tipo di gara”.
© Riproduzione riservata
In che rapporto è con lo studio?
“Per fortuna sono al quinto anno, e dico per fortuna perché studiare non mi è mai piaciuto, anche se comunque ho sempre ottenuto dei discreti risultati”
Cambiamo argomento, anzi, entriamo in quello più specifico che interessa i lettori del mio blog, il ciclismo. Non posso sottrarmi a questa domanda che le faranno certamente in molti, ma essere figli d’arte che pregi e svantaggi provoca?
“Essere figli d’arte credo porti molti vantaggi, soprattutto dal punto di vista della visibilità e poi per il fatto che in casa mia si è sempre respirato aria e ciclismo, ma purtroppo c’è anche il rovescio della medaglia perché quando i risultati non arrivano tutti i complimenti si trasformano ben velocemente in critiche”.
Andando avanti su questa linea, lei in cosa pensa di essere simile a suo padre Francesco?
“Penso di somigliare a mio papà soprattutto nel carattere perché siamo entrambi molto testardi e una volta che ci siamo messi in testa una cosa insistiamo fino a che la raggiungiamo. Poi, anche fisicamente credo di aver preso molto da lui, forse io sono un po’ più alto, ma come struttura ci assomigliamo molto”.
Ha da poco compiuto 18 anni, sia sincoro, quanti sacrifici le impone il ciclismo?
“Io non direi che il ciclismo impone dei veri e propri sacrifici perché secondo me se c’è la passione si riesce a fare tutto senza troppa fatica, poi ovvio che alcune sere che tutti i miei amici escono e io devo rimanere a casa un po’ mi dispiace, pero cerco sempre di pensare che verrò ripagato con grandi soddisfazioni”.
Entrare in questa realtà sportiva per lei è stato inevitabile o l’ha incuriosita tutto quanto gravita attorno a questa disciplina?
“Una cosa per cui devo ringraziare la mia famiglia, e soprattutto mio padre, è il fatto che nessuno mi ha mai forzato a correre, infatti anche quando l’anno scorso avevo smesso nessuno mi ha imposto nulla ma mi è stato lasciato il tempo per rifletterci da solo. Quindi no, non è stata una scelta obbligata, ma è stato il mio forte desiderio di provare a costruirmi una carriera tutta mia che mi ha spinto a correre in bici”.
Come è scandita una giornata di Ignazio Moser?
“La mia giornata è molto simile alla giornata di tutti i diciottenni. La mattina vado a scuola, il pomeriggio mi alleno e poi esco con gli amici oppure studio. Riesco a conciliare assolutamente lo sport sia con la mia vita privata, sia con lo studio, per ora, anche se so che con l’andare degli anni le ore di allenamento cresceranno e diventerà tutto più difficile”.
Ci parla della sua ultima convocazione in azzurro in occasione dei Campionati Europei, come le sono andate le cose?
“Agli europei di San Pietroburgo sono andato con ottime ambizioni, forte del titolo italiano appena conquistato, ma purtroppo qualcosa non ha funzionato, anche per una serie di coincidenze sfortunate. Nell’inseguimento ho deluso largamente le mie aspettative facendo un tempo molto alto e concludendo al quarto posto. Ma non mi dispero più di tanto e cerco già di pensare al prossimo anno negli under 23, conscio del fatto che in quella categoria ci sono molte più possibilità di mettersi in mostra”.
Allenarsi per lei che cosa vuol dire?
“Devo ammettere che non mi è mai piaciuto molto allenarmi, ma ho sempre cercato di farlo al meglio perché so che senza allenamento e molto difficile poi fare bene nelle corse. Poi, da quest’anno, sono seguito dal Centro Mapei quindi i miei allenamenti sono diventati molto più meticolosi e costanti rispetto al passato”.
E gareggiare è?
“Per me è una cosa fantastica, ho sempre avuto un grande spirito di competizione e questo credo sia la cosa che mi ha spinto e mi spinge a volere sempre di più da me stesso per primeggiare in ogni occasione”.
I suoi sogni di ciclista sono?
“Mi sembra quasi ovvio dire che il mio sogno di ciclista è la Parigi-Roubaix, per la tradizione che lega questa corsa alla mia famiglia e perché comunque io credo che potrò essere un corridore adatto a quel tipo di gara”.
© Riproduzione riservata