domenica 19 settembre 2010

Ignazio Moser già sogna la Parigi-Roubaix






Come tutti i ragazzi della sua età, anche ad Ignazio Moser piace stare al computer, seguire il calcio (è un grande tifoso dell’inter), ed ha molti amici e tanti hobby.
Ma con il cognome che porta è scontato dire che il ciclismo è la passione numero uno per questo promettente diciottenne.
Il giovane figlio di Francesco Moser è nato a Trento il 14 luglio del 1992 ed ha da poco iniziato il suo quinto anno di agraria, ma prima di parlare con lui di ciclismo, proviamo con un argomento più ostico, la scuola.
In che rapporto è con lo studio?
“Per fortuna sono al quinto anno, e dico per fortuna perché studiare non mi è mai piaciuto, anche se comunque ho sempre ottenuto dei discreti risultati”
Cambiamo argomento, anzi, entriamo in quello più specifico che interessa i lettori del mio blog, il ciclismo. Non posso sottrarmi a questa domanda che le faranno certamente in molti, ma essere figli d’arte che pregi e svantaggi provoca?
“Essere figli d’arte credo porti molti vantaggi, soprattutto dal punto di vista della visibilità e poi per il fatto che in casa mia si è sempre respirato aria e ciclismo, ma purtroppo c’è anche il rovescio della medaglia perché quando i risultati non arrivano tutti i complimenti si trasformano ben velocemente in critiche”.
Andando avanti su questa linea, lei in cosa pensa di essere simile a suo padre Francesco?
“Penso di somigliare a mio papà soprattutto nel carattere perché siamo entrambi molto testardi e una volta che ci siamo messi in testa una cosa insistiamo fino a che la raggiungiamo. Poi, anche fisicamente credo di aver preso molto da lui, forse io sono un po’ più alto, ma come struttura ci assomigliamo molto”.
Ha da poco compiuto 18 anni, sia sincoro, quanti sacrifici le impone il ciclismo?
“Io non direi che il ciclismo impone dei veri e propri sacrifici perché secondo me se c’è la passione si riesce a fare tutto senza troppa fatica, poi ovvio che alcune sere che tutti i miei amici escono e io devo rimanere a casa un po’ mi dispiace, pero cerco sempre di pensare che verrò ripagato con grandi soddisfazioni”.
Entrare in questa realtà sportiva per lei è stato inevitabile o l’ha incuriosita tutto quanto gravita attorno a questa disciplina?
“Una cosa per cui devo ringraziare la mia famiglia, e soprattutto mio padre, è il fatto che nessuno mi ha mai forzato a correre, infatti anche quando l’anno scorso avevo smesso nessuno mi ha imposto nulla ma mi è stato lasciato il tempo per rifletterci da solo. Quindi no, non è stata una scelta obbligata, ma è stato il mio forte desiderio di provare a costruirmi una carriera tutta mia che mi ha spinto a correre in bici”.
Come è scandita una giornata di Ignazio Moser?
“La mia giornata è molto simile alla giornata di tutti i diciottenni. La mattina vado a scuola, il pomeriggio mi alleno e poi esco con gli amici oppure studio. Riesco a conciliare assolutamente lo sport sia con la mia vita privata, sia con lo studio, per ora, anche se so che con l’andare degli anni le ore di allenamento cresceranno e diventerà tutto più difficile”.
Ci parla della sua ultima convocazione in azzurro in occasione dei Campionati Europei, come le sono andate le cose?
“Agli europei di San Pietroburgo sono andato con ottime ambizioni, forte del titolo italiano appena conquistato, ma purtroppo qualcosa non ha funzionato, anche per una serie di coincidenze sfortunate. Nell’inseguimento ho deluso largamente le mie aspettative facendo un tempo molto alto e concludendo al quarto posto. Ma non mi dispero più di tanto e cerco già di pensare al prossimo anno negli under 23, conscio del fatto che in quella categoria ci sono molte più possibilità di mettersi in mostra”.
Allenarsi per lei che cosa vuol dire?
“Devo ammettere che non mi è mai piaciuto molto allenarmi, ma ho sempre cercato di farlo al meglio perché so che senza allenamento e molto difficile poi fare bene nelle corse. Poi, da quest’anno, sono seguito dal Centro Mapei quindi i miei allenamenti sono diventati molto più meticolosi e costanti rispetto al passato”.
E gareggiare è?
“Per me è una cosa fantastica, ho sempre avuto un grande spirito di competizione e questo credo sia la cosa che mi ha spinto e mi spinge a volere sempre di più da me stesso per primeggiare in ogni occasione”.
I suoi sogni di ciclista sono?
“Mi sembra quasi ovvio dire che il mio sogno di ciclista è la Parigi-Roubaix, per la tradizione che lega questa corsa alla mia famiglia e perché comunque io credo che potrò essere un corridore adatto a quel tipo di gara”.
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domenica 5 settembre 2010

Amarilli Nizza: un soprano da applaudire


Ci sono delle situazioni che ti portano ad osare, ed io l’ho fatto.
Dopo aver assistito ad uno spettacolo dove sul palco è salita il soprano Amarilli Nizza, non ho resistito, l’ho rintracciata ed intervista.
Chi è Amarilli Nizza?
“Nasco a Milano il 4 gennaio 1971. Mia madre era una grafica pubblicitaria, mio padre un campione di basket. Ho sempre viaggiato per seguire la carriera di mio padre e dopo aver vissuto tre anni a Milano e tre a Cagliari, sono arrivata ad Anguillara Sabazia, sul lago di Bracciano, dove tutt'ora risiedo. E' proprio qui che ho incontrato mio marito ed è qui la mia base familiare e il mio buon ritiro. Qui è dove alla fine degli anni '70 i miei genitori hanno deciso di darsi all'agricoltura. Ho sempre praticato molti sport: pattinaggio artistico, karate (sono cintura nera), equitazione a livello agonistico. Adesso che il tempo di fare sport proprio non c'è, i miei hobby sono la lettura, il cinema, il teatro”.
Come è scandita una sua giornata?
“La mia vita è molto lontana da qualsivoglia routine ed è difficile dire come è scandita. In linea di massima, quando sono a casa mi dedico ad una tranquilla vita familiare e quindi a seguire mio figlio in tutte le sue attività scolastiche ed extrascolastiche: partite di basket, concorsi ippici, feste con gli amici. Quando sono impegnata in produzioni teatrali, sono principalmente assorbita dalle prove e quindi, vedo molto poco la luce del sole e passo la giornata in teatro. Quando poi arriva il momento delle recite comincia il periodo più sacrificante: molto riposo, dieta ferrea e tante interviste”.
Essere una predestinata: nella sua famiglia ci sono state in passato diverse persone dedite alla musica, ma lei quando ha capito che non ne poteva più fare a meno?
“Strada facendo. Portavo avanti gli studi universitari e quelli musicali in contemporanea. Una volta vinto il concorso Mattia Battistini e dopo aver provato l'emozione di vestire i panni teatrali su un vero palcoscenico, con un coro, un'orchestra e un direttore, ho capito che quella era la mia strada”.
Amarilli Nizza è un soprano in continua ascesa, ma i suoi inizi come sono stati?
“A 15 anni ho cominciato cantando ai matrimoni ogni fine settimana. Repertorio nuziale e basta. A poco a poco lo studio si è fatto più costante e a 17 anni mi sono presentata per la prima volta a un concorso per giovani talenti: il Cilea di Reggio Calabria. Sono arrivata in finale e ho deciso così di farne altri: Spoleto (finalista) e il Battistini, appunto , che ho vinto a soli 20 anni. Da lì in poi è cominciata una strada fatta di fatica, gavetta, porte chiuse ma, soprattutto, di tanta costanza e determinazione”.
Cercando notizie su di lei ho scoperto che poteva diventare una fotomodella, ci può svelare questo suo lato della vita?
“A 17 - 18 anni ero molto ma davvero molto magra, nonostante mangiassi molto, alta 1.75, bionda, occhi chiari insomma il tipico fisico dell'indossatrice. Un'amica di mia madre era un'importante agente nel mondo della moda e della tv e voleva indirizzarmi su questa strada. Ho fatto provini, ed ebbero anche successo, ma non era quello che volevo e non ho proseguito su quella via. Il mio sogno era cantare.
La lirica è messa peggio del teatro in Italia, che non sta affatto in salute. Questo brutto momento lo vedo solamente io?
Direi che è molto evidente la situazione critica nella quale versano i nostri teatri. Speriamo di uscirne al più presto”.
Lei che idea si è fatta della situazione attuale della cultura nel nostro Paese?
“E il nutrimento di un popolo. Mi auguro che si trovino soluzioni che guardino a paesi come la Germania che hanno vissuto una grande crisi prima di noi e ne sono usciti brillantemente”.
L’emozione più grande vissuta in palcoscenico?
“Ogni sera è un'emozione nuova e unica. Certo che le ovazioni dell'arena di Verona al termine di un'aria come "O cieli azzurri " nell'Aida, restano nel cuore; così come le standing ovation all'opera di Roma al termine di Butterfly o le richieste insistenti di bis al termine dell'aria "vissi d'arte" nella Tosca. Insomma è un mestiere veramente emozionante il mio, se di mestiere si può parlare”.
Cosa occorre per far avvicinare più i giovani a vivere la magia che offrono spettacoli come quelli che lei rappresenta?
“Basterebbe far tornare la musica lirica di moda rendendola più visibile sui mezzi televisivi e rendere i prezzi dei biglietti più accessibili. Laddove si vendono biglietti a prezzi popolari la presenza di giovani è altissima. Per abbassare i prezzi dei biglietti è indispensabile che il contributo statale non venga meno alle fondazioni liriche che, comunque, non potrebbero mai sostenersi con l'incasso della biglietteria. Non dimentichiamoci che l'opera lirica è lo spettacolo più imponente e costoso al mondo. Coro, orchestra, ballo, figuranti, mimi, solisti, sarte, parrucchiere, truccatori, scenografi, costumisti, registi. E’ meglio che mi fermi qui, sono già arrivata a 500 o 600 persone e non è finita”.
Concludiamo con un suo invito, perché bisogna avvicinarsi all’opera?
Quando non basta più la parola ecco che l'uomo ricorre a quel linguaggio che più lo avvicina a Dio: la musica”.
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FOTO: gentilmente concesse dall'Ufficio Stampa di Amarilli Nizza, sono state scattate da Marinetta Saglio

sabato 4 settembre 2010

Susanna Zorzi: l'orgoglio di vestire la maglia azzurra

E’ da pochi mesi maggiorenne, ma già indossa la maglia della nazionale italiana di ciclismo.
Susanna Zorzi, classe 1992, ha fra i suoi hobby, uno davvero simpatico, curare le sue caprette, ma come tutte le ragazze della sua età ama uscire con gli amici, passeggiare in mezzo alla natura, ascoltare musica, giocare a calcio balilla e tanto altro ancora.
Come sono i ritmi della giornata di Susanna Zorzi?
“Scuola al mattino, pranzo, allenamento, studio, cena. Se ho tempo, ma raramente esco la sera con amici o ci troviamo dopo cena). Dopo aver fatto tutte queste cose mi attende il letto per il meritato riposo. Quando non vado a scuola, durante le vacanze: allenamento al mattino e nel pomeriggio mi dedico ai miei hobby".
Susanna Zorzi come ha capito che il ciclismo sarebbe diventato il suo sport?
“Con il proseguire degli anni sono arrivati dei bei risultati e la passione è sempre aumentata e andare in bici e correre mi faceva divertire sempre di più. A mio papà piaceva il ciclismo e con la spinta di una mia cara amica che correva in bici sono andata a provare e da li la passione è nata; anche perché nel mio giardino e nella campagna, boschi del mio paese continuavo a girare in bici”.
Ma le donne che praticano questo sport sono poche e lei come si comporta quando si allena con i maschietti?
“A dir la verità con i maschietti mi alleno poco, esco quasi sempre da sola in bici. Però quando ci vado, è un bel divertimento uscire con loro, fai più fatica, però sono molto simpatici, e queste uscite di gruppo sono molto belle da fare e poi è un allenamento diverso dal solito”.
Torniamo al mondo femminile del ciclismo, che differenze, positive e negative, si sente di mettere in risalto paragonandole al movimento maschile?
“Inizio dalle negative perché mi viene più facile parlarne. Spesso noi donne siamo sottovalutate, invece negli ultimi anni abbiamo ottenuto più risultati dei maschi. Siamo meno seguite e ci sono molto meno soldi rispetto che nel ciclismo maschile, anche se di fatica e sacrifici li facciamo pure noi, anzi a volte siamo più determinate . Posso affermare che siamo sempre messe in secondo piano, basti guardare la tv, il ciclismo femminile non esiste, mentre quello maschile si. Le differenze in positivo? La principale è che sappiamo essere più una squadra, sacrificarci per la capitana. Praticando questo sport capisci che ti forma il carattere e la tua personalità. Il ciclismo ti trasmette i giusti valori della vita, sei più abituata a combattere, ad affrontare tutte le difficoltà che la vita ci mette alla prova. Diciamo che è un’ottima scuola di vita”.
Ad oggi quale gara corsa le fa ancora provare i brividi per averla disputata?
“I mondiali a Mosca nel 2009, la corsa in linea. Perché, una medaglia sebbene di bronzo a un mondiale ha un significato importante. Mi resterà sempre in mente quella gara. Poi era la mia prima presenza a un mondiale in linea e già questo fa venire i brividi solo a pensarci di nuovo; la gara è stata vinta dalla Callovi mia compagna di nazionale e quindi si è vinto il mondiale, poi noi siamo arrivati in fuga ed è ancora più emozionante e aggiungendoci quel bronzo, è sempre un bel risultato. Per completare quella meravigliosa giornata, la Cecchini è arrivata 5°. Quindi 3 azzurre nelle prime 5 a un mondiale è stata davvero una gran gara”.
Indossare la maglia azzurra per lei vuol dire?
“E’ sempre una grossa emozione, lo è ancora di più per me perché ci tengo molto alla mia nazione e ogni volta che indosso la maglia azzurra mi viene ancora più grinta e cerco sempre di onorare al massimo ciò che rappresento, dando tutta me stessa e mettendoci la massima determinazione e concentrazione sia in gara che nei momenti di riposo. Inoltre, indossarla è frutto di tanti sacrifici fatti e di tutti gli allenamenti svolti con il massimo impegno”.
Ci racconta la sua avventura in azzurro di quest'anno e di come è proseguita la stagione agonistica?
“La prima esperienza di quest’anno con la maglia azzurra è stata nella prova di Coppa del mondo Durango-Durango e nella stessa settimana nella corsa a tappe dei paesi Baschi Emakumen Bira. Ho corso con le professioniste. Sono delle emozioni difficile da descrivere, ma ne vale la pena provare. E’ una delle poche cose che sicuramente non dimenticherò mai, e spero di ripeterla e di farne altre in futuro (2° nella classifica delle giovani e 23° in quella generale). Poi a luglio ho corso gli europei sia a crono (5° posto) sia in linea ad Ankara e pure questa è sempre una bella esperienza da fare. Come ultima partecipazione in maglia azzurra di quest’anno sono stati i mondiali ad Offida. Correre nella propria nazione con tutto il pubblico che tifa per te è stata un’altra esperienza che tanti atleti sognano perché è stupenda, da brividi, 5° a cronometro, ed in linea sempre al 5° posto”.
Concludiamo: il ciclismo per Susanna Zorzi è?
“Uno sfogo, una passione, un modo per conoscere nuove persone, fare nuove amicizie, per viaggiare, saper fare sacrifici e far fatica, ma anche tante altre emozioni indescrivibili come saper passare i momenti difficili e festeggiare i momenti felici. Una scuola di vita che poche persone e sport ti possono offrire”.
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Foto: gentilmente concesse da Susanna Zorzi

Daniel Oss: "Vincere è rock"

La prima vittoria da professionista non si scorda mai, parola di Daniel Oss.
Lo scorso 29 agosto, il 23enne ha tagliato per primo il traguardo dell’82° edizione del Giro del Veneto.
La sua immagine sulla linea d’arrivo con il pollice, l’indice ed il mignolo alzati, simbolo di un appassionato del rock lo hanno già reso famoso fra chi segue il ciclismo.
Proprio da questo stile di vita, il rock, parte l’intervista a Daniel Oss.
Lei ed il rock quanto siete vicini?
“Occupa gran parte del mio tempo, ma anche gli altri sport mi appassionano”.
Sinteticamente, ci riassume la sua mattinata tipo?
“Sveglia alle 8, colazione, bici e si arriva all’ora di pranzo”
Che sapore ha la prima vittoria da professionista?
“Ha un senso di pace. Per me è stata la concretizzazione di tante fatiche. Bellissimo, è rock”.
Che gara ha condotto?
“Sempre sull’attenti in tutti i giri cercando la fuga giusta e poi un allungo prima della volata, ho aggiunto un po’ di fortuna ed ho vinto”.
Lei come ha trovato la determinazione necessaria per fare questo grande salto ed arrivare al professionismo?
“Da sempre un bambino sogna ed io avevo questo obiettivo. Col tempo si matura e si cerca di realizzare il sogno e cosi anno dopo anno cresce la possibiltà fisica e mentale di poter fare il salto. Tanto lavoro passione e dedizione e disciplina, questi sono stati i miei ingredienti”.
Nelle giornate no, quelle che possono capitare anche a lei, quando le gambe non girano, come fa a trovare quel guizzo per andare avanti in bicicletta?
“La forza mentale a volte fa cambiare le giornate no. Se le gambe non girano bisogna trovare forza nella testa. Anche li è questione di esperienza e allenamento”-
Concludiamo: Daniel Oss stagione 2011, provi a ipotizzare cosa sarà alla sua portata?
“Credo di poter migliorare ancora”.
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Foto: gentilmente concesse da Daniel Oss