domenica 29 agosto 2010

Manuel Beletti punta sulla Milano Sanremo

“La gara più bella che ho corso, è anche quella dei miei sogni, la Milano Sanremo. Un giorno la voglio vincere”.
E’ il desiderio agonistico più forte che sta provando in questo momento Manuel Belletti, il ciclista della Colnago Csf Inox, nato a Cesena il 14 ottobre 1985.
Manuel Belletti, quando non è impegnato con il suo lavoro ama andare a pescare, ha una gran passione per le “vespe”, ne possiede 3, e lo appassionano gli acquari, ne ha 2 uno di acqua dolce e uno salata.
Come è scandita una giornata di Manuel Beletti?
“Sveglia alle 8, colazione e uscita in bici. Poi, pranzo e il pomeriggio lo trascorro con gli amici e a casa”.
Manuel Belletti e Marco Pantani, che storia hanno in comune?
“Penso che Cesenatico ci leghi in qualche modo. Lui era di Cesenatico, e io ho quest’anno ho vinto la 13a tappa del giro d’Italia che arrivava proprio qui. Poi, posso aggiungere anche che i miei genitori, come i suoi, avevano il chiosco di piadina”.
Il 29 agosto lei ha vinto la Coppa Bernocchi, terza prova del trittico lombardo, che ricordo ha?
“Sicuramente l'ultima vittoria non è stata come quella del Giro a livello di emozione, però il fatto che abbia vinto in volata con tutti i migliori al mondo gli da un gran prestigio”.
Pedalare per lei vuol dire?
“Fare una cosa che mi piace e mi da serenità e questo lo devo soprattutto al mio babbo, che mi ha indirizzato verso il ciclismo”.
Come vede il suo futuro Manuel Belletti?
“Adesso penso solo al presente. Penso solo a fare bene il mio lavoro. Il futuro si vedrà”.
Per ogni sportivo di alto livello esiste una gara alla quale non preferirebbe più partecipare, lei ne ha una?
“Non saprei, posso dire che la gara che mi ha lasciato il peggior ricordo sia stata la Tre giorni di De Pann, a causa del tempo, delle strade e de vento, ma allo stesso tempo non posso dire che non la correrei più perchè fare queste corse ti maturano sicuramente”.
E’ iniziata già la campagna acquisti delle varie società, dove sarà il prossimo anno Manuel Belletti?
“Ho un altro anno di contratto qui con la Colnago Csf Inox. Penso che al di la delle offerte rispetterò il contratto, e magari ne riparleremo l'anno prossimo”.
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Foto: Roberto Bettini






sabato 7 agosto 2010

Vi consiglio un libro: "Due colonne taglio basso"



A chi crede nell’informazione così come la vede in televisione o dall’idea che si fa leggendo i giornali, consiglio un buon libro, “Due colonne taglio basso” di Federica Sgaggio. Se vi capita di passare in libreria provate a leggere la prima pagina, vi appassionerà immediatamente. Questo romanzo, a mio modesto parere, non è molto lontano dalla realtà e le storie che si intrecciano lo rendono avvincente. Che cosa aggiungere? A me è piaciuto, e l’ho voluto comunicare immediatamente all’autrice. Oltre ai complimenti, le ho proposto anche un’intervista.
Chi è Federica Sgaggio?
“Sono una donna che scrive, ha un uomo accanto e con lui ha avuto un figlio. Sono nata in provincia di Vicenza, ad Arzignano, dove mio nonno materno - chimico - si trasferì molto tempo fa per qualche anno dal suo paese in provincia di Avellino. Quando il suo contratto di lavoro come direttore di uno stabilimento conciario si concluse, lui tornò al sud, ma mia madre restò qui perché aveva conosciuto mio padre e l'aveva sposato. Vivo a Verona. Sono giornalista e lavoro in un quotidiano locale. Purtroppo, non ho hobby che possano conferirmi un'aura di attrattività di qualche genere. Leggo, scrivo, tengo un blog; mi piacciono i profumi, mi piace la carta e mi piace l’Irlanda. Canto in macchina o a casa, e sono abbastanza brava. Ma niente arti marziali, per dire; o paracadutismo; o lunghe passeggiate riflessive in campagna. Sono un po' pigra: preferisco il rumore del mare”.
Come è scandita una sua giornata?
“A dettare i tempi sono gli impegni di lavoro. Fino a poche settimane fa lavoravo il pomeriggio e la sera, fino a tarda ora, cosa che mi teneva molto lontana dalla vita degli esseri umani normali, quelli che la sera vanno a mangiare la pizza, vanno al cinema, chiacchierano con le persone di famiglia o addormentano i figli. Da un po’ ho cambiato redazione e orari, e per l’ora di cena riesco ad essere a casa. Dopo diciott’anni di lavoro, è un risultato. Sto ancora smaltendo il «jet-lag» di questo cambiamento, perciò non c’è ancora una routine consolidata, non ho una giornata-tipo. A pranzo posso tornare a casa oppure no, per esempio; non c’è un’abitudine fissa. In generale, comunque, faccio una vita molto poco brillante. La sera tendo a stare a casa, ora che posso farlo. Il vero lusso della mia vita è che appena rientro da Dublino cerco di fare il biglietto aereo e tutti i piani necessari per tornare al più presto in Irlanda”.
Federica Sgaggio è una giornalista che lavora in una redazione di un quotidiano, ma dopo che ha pubblicato il suo libro “Due colonne taglio basso” che cosa le hanno detto i suoi colleghi?
"Non hanno detto granché. Alcuni hanno letto e apprezzato (uno, in particolare, mi ha quasi commosso: è sempre stato tremendamente taciturno, credo che non mi abbia mai rivolto la parola fino al giorno in cui mi ha detto «ho letto il tuo libro e m’è piaciuto»); altri, la grande maggioranza, hanno taciuto; altri ancora hanno tentato di trovare corrispondenze fra colleghi esistenti e personaggi di cui avevo scritto. Il fatto è che corrispondenze non ce ne sono, se non per qualche particolare tangenziale, fisico, decorativo. Nessun personaggio è una persona che io ho effettivamente incontrato nella mia vita, ma magari ne possiede una caratteristica o due: che so, la prosopopea, o il cinismo, o l’arroganza, o le forme del corpo con cui l’ho immaginato”.
Nel suo romanzo descrive la vita di una redazione di un quotidiano, quanto c’è di quella dove lavora lei?
“In «Due colonne taglio basso» non c’è alcun evento vero nel senso di «effettivamente accaduto», ma credo che l’atmosfera e i tipi umani siano piuttosto realistici. Alcuni colleghi di altre testate mi hanno detto cose come «ehi, ma quel tal personaggio è il mio direttore, vero?», oppure «ma quella tipa è la nostra nerista, no?». Le persone a cui loro si riferivano io non le conoscevo nemmeno: come potevo prenderle a modello? Eppure, se altri giornalisti hanno riconosciuto nel mio romanzo pezzetti del loro mondo, alcune caratteristiche devono essere peculiari del nostro ambiente”.
Perché, secondo lei, bisognerebbe leggere il suo libro?
“Questa è una domanda proprio difficile. Forse per avere un’idea del modo in cui funzionano i giornali, della strada che seguono le notizie. Forse per leggere una storia che parla di potere e di amore. Forse perché è un racconto in cui non ci sono buoni o cattivi, ma tutti sono un po’ l’una e un po’ l’altra cosa, non so. Forse per leggere una storia scritta con attenzione alle parole e alle strutture della lingua. A me sembra una storia che ha un suo perché”.
Lei racconta, fra le altre storie nel suo romanzo, una bella vicenda legata ad una forte amicizia fra un uomo ed una donna, ma nella realtà quanto crede che questo possa accadere sia in un luogo di lavoro sia nella vita di tutti i giorni?
“L’amicizia fra un uomo e una donna è possibile, sì. Il mio migliore amico è un uomo, per esempio, ed è anche un collega: è stato lui a celebrare il matrimonio (civile, ovviamente, visto che non è un prete) fra me e mio marito, per esempio. Nel romanzo, i sentimenti di Fabrizio e Chiara slittano un po’, faticano a tenere la rotta: io so che l’ambiguità è sempre possibile, certo. Ma non è una componente necessaria delle amicizie tra donne e uomini. E a volte, anche quando c’è, non è detto che l’ambiguità debba necessariamente tradursi in attrazione, o in una storia d’amore. La verità, penso, è che le relazioni fra le persone hanno molti colori, ed è impossibile viverne di monocromatiche. Credo che la vita sia fatta così, e che si debba solo prenderne atto”.
© Riproduzione riservata
Foto: gentilmente concesse da Federica Sgaggio