giovedì 22 aprile 2021

I ciclisti del Villini IV – Le avventure di Gino con la Fiorella e la bella figura del notaio.

 Giovanna e Dario uscirono una sola volta dal campeggio per andare a vistare il Museo civico archeologico di Vetulonia dove nei mesi estivi si organizza sempre una mostra evento di prestigio ed ogni anno l’esperto informatico fa  immancabilmente tappa.

Dario metteva da sempre l’archeologia con tutto il fascino che gli provocava al pari del suo interesse per il lavoro che svolgeva e quando riusciva a ricavarsi del tempo libero, soprattutto nei fine settimana, si organizzava per andare a scoprire i beni racchiusi all’interno delle strutture museali in lungo ed in largo per l’Italia.

“Stamattina ti porto a vedere un posto bellissimo, ma non avremo tempo per fare tutto il tour. Vetulonia merita almeno una giornata da trascorrerci intensamente, immergendosi nella sua storia.

Giovanna salì sullo scooterone e si strinse a Dario. Attraversarono il centro di Castiglione della Pescaia e raggiunsero in venti minuti la frazione etrusca. Parcheggiata la moto in piazza Vatluna, si spostarono in un bar nel cuore del borgo e dopo il caffè visitarono il museo accompagnati da una simpaticissima guida. 

Prima di scendere dal colle e fare ritorno in zona Rocchette, Dario si accostò con lo scooter vicino all’ingresso di un’area archeologica e dalla recinzione gli indicò alcuni scavi. Da buon accompagnatore erudito iniziò un racconto contestualizzando il luogo con la vita della popolazione di quei tempi. 

A Giovanna però quella gita inaspettata le provocò dopo il momento di curiosità iniziale, un senso di fastidio già dal momento che aveva messo piede a Vetulonia, che però mascherò vedendo la passione e la gioia provata da Dario, ma davanti a quei resti di storia infierì drasticamente sul suo giovane amante.

“Questa avventura è in scadenza, fra qualche giorno torniamo alla routine quotidiana nelle nostre rispettive città ed a me non piacciono gli addii. Lo sapevamo entrambi che sarebbe finita in questo modo. Prendiamo Vetulonia come punto di arrivo di un bel momento. Lo ammetto e non mi vergogno mi sono divertita, abbiamo fatto tanto buon sesso, ma basta così”.

Giovanna aveva deciso anche altro. Rientrata ad Arezzo rivelò al marito la lunga relazione clandestina che stava portando avanti con il medico e che voleva chiudere il loro matrimonio, incolpando il coniuge principalmente di averla sempre data per scontata.

Finita quella confessione che avvenne davanti al portone dell’ufficio della donna, lei già si preoccupava dell’inizio di una forte reazione emotiva di Rodolfo, ma dopo quell’annuncio l’infermiere si rivelò quell’uomo che la moglie aveva conosciuto durante il loro fidanzamento ed i primi mesi di matrimonio, essenziale e diretto facendole assumere immediatamente e con lucidità le proprie colpe.

“Io sono uno che fa pubblicamente il piacione, il giullare, ma se volessi davvero tradirti non sarei così plateale come tutti mi vedono”.

Rodolfo, fatto il primo punto della situazione si appoggio all’auto parcheggiata nello spazio riservato al suocero che ancora non era arrivato in studio e proseguì.

“Tu sei completamente il mio opposto” le disse con un sorriso tagliente, pronto a difendere il suo modo di vivere. “Mi stai mentendo su tutto da troppo tempo e che stavamo andando alla deriva lo avevo capito da molto. Mi ero dato una scadenza che non era l’estate ma con l’inizio delle scuole potevo lasciare la casa anche perché i nostri figli avrebbero le loro molte attività da seguire ed avrebbero sofferto meno la mia assenza, che potevo sopperire nei fine settimana. Hai solo anticipato il momento. Hai deciso tutto te senza un confronto serio e ti sei anche disegnata un alibi per il tuo egoismo intellettuale creandoti una storia parallela con un altro uomo da potermi spiattellare per darmi il ben servito”.

“Credimi – aggiunse Rodolfo - io non ti ho mai tradito ed ero pronto ad aspettare il tuo riavvicinamento e non per i nostri figli ma per come ho conosciuto la mia Giovanna, quella donna attenta a me ed ai nostri interessi, che però ha deciso di farmi fuori dalla sua vita senza motivarmi il perché”.

Rodolfo già da quella sera si sposto in un attico in centro dei suoi genitori e la Giovanna il giorno seguente chiuse anche la relazione con il medico, andando alla ricerca di una serenità interiore che al momento non vedeva all’orizzonte.

Gino, l’uomo del salvataggio dello stabilimento Villini era il bagnino che nessun titolare di attività balneare avrebbe richiamato dopo averlo provato l’anno seguente. La sua fama da  tempo lo precedeva, ma la fortuna e gli incidenti di percorso all’interno degli stabilimenti balneari gli offrivano tutti gli anni l’opportunità di lavorare sul litorale castiglionese per dei brevi periodi.

Sulle disgrazie organizzative degli altri il Gino riusciva a tirare fuori un po’ di denaro che assieme al lavoro nei filari dell’uva in occasione della vendemmia, alla raccolta delle olive, all’andare a fare funghi per venderli metteva assieme un reddito di sopravvivenza ormai collaudato nell’arco della sua esistenza.

Gino viveva con la sorella, single come lui, in una casa di proprietà alle Paduline ereditata dai genitori. Il luogo comune, del bagnino “sciupa femmine” a lui non calzava a pennello, nonostante che nella sua carriera di operatore di spiaggia qualche avventura l’avesse vissuta. Cosa che non era mai accaduta a sua sorella Agnese, la classica donna che si occupava della casa, accudiva due anziani, marito e moglie, che vivevano nel palazzo davanti al loro e nel tempo libero andava a tutte le funzioni possibili ed immaginabili organizzate dalla parrocchia e di fidanzati nessuno ne ha mai avuta notizia.

Sarà che ormai ogni anno pur di guadagnarsi lo stipendio Gino doveva accettare anche compromessi con i titolari degli stabilimenti, ma un’invasione sotto l’ombrellone rosso del responsabile di tutti i salvataggi come gli si prospetto al Villini non gli era mai capitata.

Carmela aveva fatto le presentazioni della madre a tutto il suo staff e finiti i convenevoli fu la Fiorella a chiedere a Gino di sistemargli un lettino sotto il suo ombrellone: “L’aiuto a controllare chi farà il bagno quando lei avrà altro da fare”. Giustificò così sorridendo la richiesta la moglie del notaio. L’uomo obbedì ma prima di far ritorno in spiaggia gettò nuovamente gli occhi, questa volta entrando più nel dettaglio sulla sua autoproclamata aiutante e il pensiero che trattenne non fu dei migliori, già si sentiva un ostaggio sessuale.

Tornato in spiaggia Gino prese uno dei lettini accatastati all'inizio delle  cabine e lo sistemò sbuffando a poca distanza dalla sua sedia. Poi, senza continuare a pensare alla nuova situazione iniziò il solito giro sotto gli ombrelloni, raccattando gli umori degli ospiti. Dopo circa un’ora tornò nel suo quartier generale e trovò l’ospite già distesa a prendere il sole che con gli occhiali scuri in volto fissava il mare davanti dove erano immerse già molte persone.

“Da quel lato sta arrivando un po’ di aria fresca, perché non sposta la sedia in riva al mare così possiamo stare bene tutti e due?”.

A Gino in un secondo passò per il cervello tutto il repertorio di imprecazioni che conosceva, ma non ne pronunciò nemmeno una e trovo anche il modo e difese il suo territorio.  

“Il bagnino con la sedia rossa sta sotto l’ombrellone di colore rosso”. Non si spostò di un solo centimetro.

I modi del tutto crudi del guardia spiagge del Villini diventarono in pochi giorni del tutto naturali per la Fiorella. Lui pensava di aver prodotto tutt’altro risultato e prendendo per attrazione la pazienza della donna,  ma in occasione del brindisi di mezzogiorno a ferragosto che si tenne in spiaggia qualcosa avvenne, La Fiorella si portò verso il Gino e lo baciò sulle  guance. L’uomo con tanto di canotta rossa indosso fu travolto da un attimo di impetuosità e le mise la mano che aveva libera, nell'altro teneva il bicchiere, sul fondo schiena accarezzandoglielo pesantemente. La Fiorella non reagì e non si scostò immediatamente, ma lo fissò senza dire e fare piazzate. Trascorsero pochi secondi e  si voltò per raggiunse la zona bar dove brindò con la figlia.

Gino, rimasto solo, pensò di aver raggiunto un nuovo record: “Sarò licenziato il giorno di Ferragosto, una cosa del genere non credo sia mai capitata ad un bagnino almeno qui a Castiglione, ma entrerò nella leggenda del gossip estivo del paese, mandato a casa per palpeggio alla madre della titolare”.

Il guardiano della spieggia era già rassegnato a questo epilogo, ma intanto valutava velocemente osservando verso la piattaforma dello stabilimento Villini se il notaio fosse stato messo al corrente del fatto, ma non lo vide e rimase sorpreso anche dalla Fiorella che era intenta a parlottare con la Carmela e le sembrò pure felice.

“Se dopo quella torna qui sotto l’ombrellone le chiedo di incontrarci stasera e finiamo il discorso. Una scusa per uscire di casa da sola a cinquant'anni sarà capace di trovarla”.

Gino stava di nuovo portandosi avanti con i suoi progetti, ma gli occorreva un luogo sicuro, soprattutto per lei e al momento non lo aveva. Dando vita a tutta la sua creatività e fervida immaginazione in pochi secondi trovò una location ottimale per il suo piano: “Le darò appuntamento al cinema all’aperto, lì poi mi organizzo”.

Giacomo Bazzetti, notaio in Milano non era a festeggiare a mezzogiorno del 15 di agosto al Villini. Aveva lasciato detto alla figlia che sarebbe andato a vedere pescare sul molo e poi a pranzo in un ristorante lungo la fiumara, ma non fu del tutto veritiera questa giustificazione. Proprio di buon mattino, nonostante fosse in ferie gli arrivò addosso una questione improvvisa della quale era stato messo al corrente solo per quanto riguarda l'urgenza con una telefonata della sua fedelissima segretaria, la Beatrice Gertini.

“Dottore, buon Ferragosto. La disturbo perché avrei bisogno di un suo aiuto che per me è vitale, mi sto trovando dentro ad un incubo e prima di compiere una sciocchezza, solo lei mi può togliere da questo impiccio”.

Il Bazzetti dopo aver detto “Buongiorno Beatrice” era rimasto a bocca aperta senza aggiungere altro. L’enfasi della sua segretaria l’aveva spiazzato e continuò ad ascoltare.

“Sto arrivando a Castiglione della Pescaia, credo di essere lì verso mezzogiorno, lascio la macchina in uno dei parcheggi del centro, ci possiamo vedere vero? La prego”.

Un attimo ancora di silenzio dell’uomo e poi l’invita al ristorante da “Genny” per le tredici dove il pesce era sempre fresco e cucinato come si deve.

In 34 anni di onorata carriera notarile il Giacomo Bazzetti aveva avuto con se sin dall’apertura dello studio la Beatrice. Nubile, orfana, con la passione del podismo, le fu raccomandata da un suo collega prossimo alla pensione. Entrata nello studio Bazzetti per un periodo di prova a metà settimana, il lunedì successivo al suo arrivo trovò sulla scrivania il contratto di assunzione a tempo indeterminato.

La Beatrice andava tutti i giorni ad allenarsi al campo scuola poco distante saltando la pausa pranzo e tornava nuovamente alla sua occupazione verso le 15:30. La sera, acquistato quello che le necessitava per la cena all’interno di un centro commerciale, si rintanava in casa fino al giorno dopo. Vita sociale, quella del gruppo delle donne podiste, ma la maggior parte erano sposate con figli e quindi le occasioni per uscire erano poche e mai nei fine settimana, riducendosi a qualche appuntamento conviviale organizzato dai vari gruppi podistici.

Sul lavoro era professionale e impeccabile e guidava altre due segretarie, mai una virgola. Nell’arco degli anni non cambiò mai il suo stile di vestire, sempre tailleur con tonalità dal grigio al marrone ed il blu nelle varie sfumature, mai un vestito più eccentrico ed audace.

 Beatrice fece l’ingresso nel locale con dei pantaloni di cotone bianchi al ginocchio ed una camicetta floreale trasparente che lasciava intravedere il reggiseno. Ai piedi indossava un paio di trampoli che dopo i convenevoli e davanti ad un bicchiere di vino bianco ghiacciato il notaio volle essere rassicurato: “Mica avrà guidato con quei cosi ai piedi da Milano a qui?”. La donna, per un attimo trovò la voglia di sorridere e gli spiegò immediatamente che nel parcheggio di piazza Ponte Giorgini, stando in macchina alla meglio si era agghindata per questa occasione.

Mentre mangiavano gli spaghetti allo scoglio, Giacomo Bazzetti ruppe gli indugi in quanto la conversazione aveva esaurito tutti i convenevoli e le frasi di circostanza.

“Beatrice mi dice cosa le sta succedendo e come posso aiutarla?” anche se il notaio un film tutto suo se lo era immaginato, dove aveva già messo in conto la possibilità che la donna fosse stata raggirata da qualche bell’imbusto. Una cosa che le poteva essere capitata e non sarebbe stata né la prima e neanche l’ultima e magari poteva essere accaduto proprio nel giro del mondo del running.

Prima di dare spiegazioni la Beatrice posò le posate sul tavolo, bevve un sorso di vino del secondo bicchiere che gli aveva versato il notaio e si confidò.

“Credo di aver contribuito a rovinare una famiglia”.

A quella frase il notaio Giacomo, si riconobbe nel ruolo di uomo di mondo e già si predispose meglio ad ascoltare il resto delle spiegazioni. Per fortuna non c’erano problemi di salute, ma solo di sentimenti che andavano ascoltati e poi indirizzati verso le scelte di chi li stava illustrando perché di solito una soluzione la lasciano intravedere.

“A casa mia dai primi giorni di agosto si è trasferita una mia amica conosciuta al campo scuola e con lei che mi alleno tutti i giorni, si chiama Doriana. Non credevo di essere lesbica, ma è una cosa bellissima e sono profondamente innamorata di lei”.

Beatrice s’interruppe. Il notaio ne approfittò lui stavolta per rifocillarsi con un bicchiere di vino ed ordinandone un’altra bottiglia.

“Siamo amanti e vogliamo vivere la nostra storia”, aggiunse la segretaria. “Lei ha un marito, per fortuna non hanno figli, ma quell’uomo ci sta rendendo la vita difficile ed abbiamo paura”.

Beatrice entrò nei particolari delle ultime ore vissute con Doriana consigliandole di raggiungere i suoi fratelli in un paesino delle Dolomiti e lei subito dopo prese l’auto per spostarsi a Castiglione della Pescaia dove voleva un aiuto dal suo datore di lavoro che nel mondo del capoluogo lombardo conosceva le persone giuste.

“Come usciamo di qui faccio una telefonata, ma adesso non la posso mica farle riprendere la strada per Milano? Lei ha bisogno di riposarsi, se si adegua alla situazione è ospite a casa mia, credo che potrà dormire in camera con mia figlia Carmela”.

Mentre andarono assieme a recuperare l’auto  l’uomo si affrettò a telefonare alla moglie per dirgli la novità e ricevette un sì sbrigativo e poi, allontanandosi qualche metro, chiamò un ispettore della Polizia, amico suo che sapeva essere in servizio in quel periodo nel capoluogo lombardo. Parlarono qualche minuto e terminata la conversazione le rivelò il risultato, riassumendo il tutto ermeticamente.

“Lei starà a casa mia per qualche giorno, la Doriana, che dopo chiamerà le chiederà di fare altrettanto stando sulle Dolomiti intanto sta iniziando un incontro delle forze dell’ordine con quell’uomo e appena la situazione si sarà sistemata, due o tre giorni, potrete tornare a Milano”.

® Riproduzione riservata. I luoghi sono veri ma presi in prestito per dare continuità alla storia che è completamente di fantasia come i personaggi.