lunedì 8 dicembre 2014

IL TRENO CORREVA E SARA GIOMMONI ARRIVERA' LONTANO

“Credo che Il treno correva sia un libro profondo e “sorridente”, che a sua volta aiuti a sorridere anche delle cose più tristi. Penso anche che contenga in sé una miriade di sfumature diverse: la malinconia, l’ironia e, infine, la gioia della rinascita… a volte, tutte nello stesso racconto. Lo consiglio a chiunque ami la natura e l’analisi introspettiva, perché sono entrambi due elementi molto presenti. Credo che possa riscuotere successo anche con gli inguaribili romantici e con i sognatori, quelli che si sforzano di veder sempre il lato bello delle cose e delle persone, ma forse sarebbe l’ideale soprattutto per le persone troppo rigide e schematiche, chissà”.
Bastano queste poche parole pronunciate da Sara Giommoni a farmi ancora di più credere che nel mio bel paesello ci sia una donna che con lo scrivere farà strada.
Faccio un passo indietro. Ho assistito l’estate scorsa a Castiglione della Pescaia alla presentazione de Il treno correva e sebbene in un piccolo comune di poco meno di ottomila anime si sa tutto di tutti, della bravura nello scrivere di Sara Giommoni non ne sapevo nulla.
Il libro l’ho acquistato qualche giorno dopo, personalmente sono per il digitale, ma quando non ne posso fare a meno e sono incuriosito, torno al cartaceo e stavolta il “sacrificio” è stato ben ripagato.
Sara Giommoni è una venticinquenne come tante altre, confusa e complicata. Quello che inganna di lei è che, vedendola, sembrerebbe una ragazza tranquilla, e invece è tutto tranne questo.  Per il resto è ingarbugliata più o meno come tutti: alterna sprazzi di solarità a momenti di malinconia e voglia di solitudine che rasentano la misantropia.
Castiglione della Pescaia per lei vuol dire?
“Radici solide a cui ancorarsi nei momenti di sbandamento, culla di mare a cui tornare quando ne sente più il bisogno e dimora calda da proteggere e conservare nel proprio cuore. Quando sono felice, Castiglione palpita dentro di me, quando non lo sono, cerco disperatamente di ricreare l’atmosfera del paesino dentro di me”.
Gli abitanti come li descriverebbe?
“I castiglionesi sono gente generosa e diretta. Sono orgogliosi e innamorati del proprio paese, con un atteggiamento che a volte si avvicina alla superbia verso la maggior parte degli altri posti. Del resto è vero che pochi luoghi hanno la poesia di Castiglione”.
Per invogliare a leggere Il treno correva,  cosa potrebbe aggiungere?
“Credo che sia un libro profondo e “sorridente”, che a sua volta aiuti a sorridere anche delle cose più tristi. Penso anche che contenga in sé una miriade di sfumature diverse: la malinconia, l’ironia e, infine, la gioia della rinascita… a volte, tutte nello stesso racconto. Lo consiglio a chiunque ami la natura e l’analisi introspettiva, perché sono entrambi due elementi molto presenti. Credo che possa riscuotere successo anche con gli inguaribili romantici e con i sognatori, quelli che si sforzano di veder sempre il lato bello delle cose e delle persone, ma forse sarebbe l’ideale soprattutto per le persone troppo rigide e schematiche, chissà”.
E le vendite del libro come le definirebbe?
“Direi ottime: non me lo sarei mai aspettata. Approfitto della domanda per ringraziare tutti i castiglionesi, che mi hanno dimostrato veramente tanto affetto e partecipazione in questa occasione. Grazie veramente di cuore per avermi non solo dimostrato stima e simpatia, ma anche per avermi spronato a crederci”.
Il treno correva è composto da 12 racconti in 80 pagine, ma che cosa pensa d’aver comunicato?
“Credo - e soprattutto spero - di aver comunicato l’amore per la natura, per i bambini e per il mondo in generale, in una visione generale in cui la malinconia in realtà è solo l’altra faccia della felicità, qualcosa da abbracciare invece che da rifiutare”.
Leggendolo ho trovato fra le righe uno stato d’animo che spesso le persone tendono a nascondere, la fragilità. Perché ne parla?
“La fragilità oggi come oggi è un tabù, qualcosa di cui vergognarsi. Poi, conoscendo le persone più a fondo, ti rendi conto che lo siamo tantissimo tutti, senza distinzioni. E allora capisci che essa può diventare un’immensa risorsa, una grande forza…se solo si fa un salto (inteso come crescita interiore) e si ammette di aver bisogno, disperatamente bisogno, di approvazione e di amore”.
Documentandomi un po’ ho letto che ha in mente un romanzo: può svelare l’ambientazione e qualcosa in più?
“Pensavo, sì, di provare a cambiare genere, privilegiando però sempre l’interiorità e legando la vicenda al mare, elemento che amo.  Come linea guida mi ispira la convinzione che un’anima qualunque è ancora più affascinante ed ermetica dei misteri legati all’immensa distesa salata, il che è tutto dire. Volevo quindi legare le due cose: una personalità densa e complessa e lo spirito del mare. Al momento, però, ho scritto una pagina o poco più, perché sono alle prese con un’impresa ben più ardua per quel che mi riguarda: scrivere la tesi!”.
Lei è una scrittrice giovane, ma che i ragazzi non leggono è risaputo: Sara Giommoni cosa propone per farli avvicinare a viaggiare con la memoria?
“I bambini vanno rieducati alla meraviglia. Quindi sono del parere che la televisione andrebbe evitata il più possibile, mentre è da recuperare l’aspetto del gioco, delle chiacchiere e del racconto. I bambini vanno ascoltati, osservati e guidati alla scoperta del mondo in modo leggero, fantasioso, e allo stesso tempo concreto e responsabile. Allo stesso modo, devono essere accostati al libro come ad un oggetto magico, misterioso e indefinitamente prezioso. Il resto verrà da sé: ogni bambino non fa altro che seguire l’esempio dell’adulto e ha inoltre un estremo bisogno di fantasia”.
Sempre cercando notizie su di lei ho scoperto una cosa che ci accomuna: l’esigenza quotidiana di mettersi davanti a una pagina vuota del programma di videoscrittura del computer e riempirla con i nostri pensieri e nel suo caso scrivere un romanzo: come si guarisce?
“Personalmente, mi sento “malata” quando non ho voglia non riesco a scrivere. Quindi sì, ha ragione: si tratta di una dipendenza, anche se questa affermazione mi fa sorridere. La mia speranza è, infatti, che questa mia particolare forma di “sottomissione” alla scrittura non passi mai, perché mi aiuta a stare meglio con me stessa e con gli altri e mi aiuta a superare i miei limiti. Per dire una sciocchezza che però sciocchezza non è: ho sempre avuto la fobia di parlare in pubblico. Solo il pensiero di tanti occhi puntati su di me mi terrorizza tuttora. Ma quando si è trattato di parlare di libri, di editoria, dei miei racconti… le mie paure sono svanite e, a quanto pare, mi sono rivelata un’abile affabulatrice. Quindi credo che esistano delle febbri “sane” che allontanino i freni inibitori, arrivando addirittura a svelare le stesse parti oscure di ognuno. E allora ben venga essere “febbricitante” ….
Rossano Scaccini
©Riproduzione riservata
Foto gentilmente concesse da Sara Giommoni