venerdì 16 gennaio 2015

Tanti sentimenti da riscoprire leggendo A Santiago con Celeste libro di Giuseppina Torregrossa

E’ una madre con la vocazione del medico, ma anche un medico con la vocazione della scrittrice. Giuseppina Torregrossa, mi viene di definirla così.
Ha una grande predisposizione ad aprirsi al cambiamento, infatti, non ha esitato a lasciare la sua professione di medico per diventare scrittrice e subito di successo.
A Santiago con Celeste è il suo ultimo lavoro arrivato in libreria. Leggendolo mi hanno colpito i suoi stati d’animo. L’autrice mette in mostra fra le altre cose, sia l’insoddisfazione, sia l’angoscia, che  sapientemente riesce ad elaborare, trasformandoli in una spinta verso il nuovo.
Perché ha deciso di intraprendere il cammino verso Compostela?
“Per infelicità, insoddisfazione, bisogno”.
Lei questo cammino l’ha definito una sfida fisica e mentale: perché?
“Marciare al ritmo di 25/30 chilometri al giorno per parecchi giorni e una prestazione mentale”.
A Santiago con Celeste, infatti, è il racconto di un viaggio lungo trecento chilometri, 11 giorni, due paia di scarpe e una sciarpa. Un percorso in cui l'autrice parte con uno zaino pieno e torna con uno zaino vuoto. Un cammino in cui tutti partono soliti e tornano un po’ più nuovi.
 Da Roma a Santiago, in treno, molto a piedi, (ma qualche volta anche in taxi), dormendo nelle foresterie dei conventi, in ambigui alberghetti dalla pareti colorate (ma spesso dotati di SPA), il pellegrinaggio a Santiago di una scrittrice italiana che demitizza e rimitizza il cammino a Compostela attraverso i suoi passi e quelli della sua amica Celeste. Celeste non dorme mai, parla continuamente, mangia chili di frutta e cammina sempre più veloce, ma poi, alla fine, l'autrice e Celeste si ritrovano insieme a Santiago (ma ci sono ancora 4 km da fare fino al santuario). L'intervallo temporale di quando si parte e quando si torna, che diventa, come spesso fa il tempo, un intervallo spirituale, sentimentale e fisico.
Rossano Scaccini

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