mercoledì 8 febbraio 2017

L'uomo di casa raccontato da Romano De Marco è un thriller avvincente

Al suo settimo romanzo, da poco arrivato in libreria, Romano De Marco sbarca con “L’uomo di casa" in America.
Sandra Morrison è una donna realizzata. Vive serena il suo ruolo di moglie e di madre, abita in un esclusivo quartiere residenziale, alle porte di Washington DC, ha un lavoro importante che le permette di occuparsi degli altri. La sua vita scorre su binari che sembrano puntare dritti verso una felicità solida e duratura. Fino al giorno in cui Alan Sandford, suo marito, viene ritrovato morto in uno squallido parcheggio. È seduto nella sua auto, con la gola tagliata e i pantaloni calati fino al ginocchio. La polizia non ha dubbi: un classico caso di omicidio a scopo di rapina, forse perpetrato da una prostituta tossica in crisi di astinenza. Per Sandra, è l’inizio di un incubo. E la situazione peggiora quando scopre che, a sua insaputa, Alan stava indagando su un caso di cronaca nera, rimasto insoluto tre decenni prima: il rapimento e l’uccisione di sette bambini a Richhmond, Virginia. Chi era la persona con cui ha vissuto per vent’anni? Un perfetto uomo di casa, marito felice e padre amorevole? O uno sconosciuto doppiogiochista, un frequentatore di prostitute ossessionato dall’enigma della Lilith di Richmond? Cosa lo legava a quella vecchia storia di omicidi? E perché le aveva tenuto nascosto quel suo morboso interesse? Sandra proverà a dare una risposta a questa e a molte altre domande, con l’aiuto delle sue amiche e del suo avvocato. Ma soprattutto del suo nuovo vicino, John Kelly, un giovane scrittore dal quale si sente irresistibilmente attratta. Scoprirà, suo malgrado, che nel quartiere di Bobbyber Drive, troppe cose sono diverse da come appaiono a prima vista. E, soprattutto, che il filo di sangue che lega l’omicidio di suo marito a quelli di tanti anni fa, non si è ancora spezzato. C’è ancora un assassino in giro, e la prossima vittima potrebbe essere proprio lei.
Romano De Marco, 51 anni, responsabile della sicurezza di un grande gruppo bancario, divorziato, padre di Lorenzo sedici anni e Sara dodici, appassionato di lettura, cinema, serie TV, fumetti e tante altre cose.
Lei perché scrive?
“Per passione e per essere letto dal maggior numero di persone possibile, perché questo è il vero scopo di tutti noi che scriviamo: essere amati e apprezzati dai nostri lettori”.
Come si passa dal pensare alla sicurezza di una banca al raccontare storie perfette di cronaca nera?
“In realtà non mi ispiro mai ad eventi realmente accaduti, anche se spesso mi è capitato che la cronaca nera riportasse la notizia di crimini molto simili a quelli che avevo immaginato nei miei romanzi. È accaduto anche con “L’uomo di casa”. Il rapimento e uccisione dei neonati rinvenuti nella villetta di Richmond in Virginia, evento che apre il romanzo, mi pareva il crimine più odioso e terribile che potessi inventare. Purtroppo nell’autunno del 2015, quando la prima bozza del manoscritto era già completata, in Baviera, nel sud della Germania, accadde qualcosa di molto simile. Ho dovuto constatare, ancora una volta, che quando si tratta di crimini ed efferatezze, la realtà umana riesce sempre a superare la fantasia. Riguardo al mio lavoro di esperto della sicurezza, mi ha aiutato più volte nello scrivere. Soprattutto nei miei romanzi ambientati a Milano, dove spesso descrivo rapine e collusione fra la malavita e il mondo dell’alta finanza”.
Ingannare: come si riconosce una persona che è solita farlo?
“Magari lo sapessi! Potrei brevettare un metodo per la difesa dai bugiardi e diventerei miliardario! Purtroppo, oggi, con la rilevanza che i social e la comunicazione globale hanno assunto nella nostra vita di tutti i giorni, è abbastanza usuale che ciascuno di noi porti avanti tre vite. Una pubblica, una privata e una segreta”.
Perché “L’uomo di casa” l’ha ambientato in America?
“Volevo decisamente creare discontinuità con i miei precedenti sei romanzi tutti ambientati in Italia. E poi volevo raccontare una America che conosco molto bene, che frequento ogni anno e che mi affascina moltissimo. In più, essendo questo il mio primo thriller “puro”, l’ambientazione americana era d’obbligo, essendo tutti americani i miei punti di riferimento del genere. Sto parlando di John Sandford, Robert Crais, Michael Connelly, Patricia Cornwell, Thomas Harris e molti altri”.
Rossano Scaccini
Foto gentilmente concesse da Romano De Marco
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