"Lettere a Francesca" è un libro che ti porta in un viaggio insolito, ma che consiglio di provare
“Ho voglia, amore, di immaginarmi altrove. Di
parlarti d’altro, magari di quella fantastica, magica, piccola felce che
vibrava eternamente, quasi a ricordarci che tutto è vita”.
Queste poche frasi, rilette oggi, del libro di Enzo
Tortora “Lettere a Francesca” scritte durante i sette mesi di detenzione in
carcere alla sua compagna Francesca Scopelliti, sono quelle che sono andato
subito a ricercare. Con loro nel cuore prenderò parte nella “mia” Castiglione
della Pescaia, alla presentazione del libro. L’evento si terrà a pochi passi
del mare, ambiente che a Enzo Tortora amava e mancava tantissimo durante il
periodo di reclusione.
Ho letto, nei ritagli di tempo, che la domenica mi
concesse, queste 45 lettere che
Francesca Scopelliti ha fatto conoscere, pubblicandole. Credo d’averci trovato
tanti spunti di arricchimento personale.
Enzo Tortora varcò le porte del carcere il 23
giugno 1983 e ne uscì, completamente cambiato, il 17 gennaio 1984, quando il
giudice dispose i domiciliari. Il presentatore di “Portobello”, me lo ricordo
così, era accusato, cosa che fu smentita, di essere un camorrista. Un errore
giudiziario. Il 15 settembre del 1986 i giudici d’appello stabilirono
l’innocenza del giornalista, assoluzione che fu confermata dalla Cassazione
l’anno successivo. Ma il 18 maggio del 1988 un tumore lo uccise.
Rossano Scaccini
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