venerdì 13 febbraio 2015

Leggere i romanzi di Antonio Manzini è un consiglio che mi permetto di dare a chi segue questo blog.

Una liceale è stata rapita. Il mondo della criminalità organizzata si affaccia anche nella città di Aosta. Stavolta il vicequestore Rocco Schiavone dovrà usare tuta la sua esperienza e abilità per risolvere un caso intricatissimo. E dal suo passato un'ombra minacciosa ritorna a fare visita al poliziotto. E non è una visita di piacere.
Leggendo “Non è stagione” continuo a trovare tanto malumore in Rocco, il personaggio principale del suo romanzo, ma a Antonio Manzini capita d’imbattersi in questo stato d’animo?
“Ho imparato a conviverci giorno dopo giorno. Credo che sia una costante della maggioranza della popolazione occidentale. I motivi sono troppi, e troppo complessi. Credo che non basterebbe un intero trattato di psichiatria per dare una risposta esaustiva a questo male moderno e democratico che non guarda in faccia ceto, religione o inclinazioni esistenziali per colpire e affondare”.
Lei come lo combatte?
“Scrivendo. E' la risposta ufficiale, va da sé”.
Che cosa prova quando scrive?
“Una gioia vera e propria. Ed è un lavoro che prende 24 ore al giorno. Si viaggia, si va in in una sorta di trance benefica. Questo non significa certo che si scrivano belle cose, ma è un esercizio quotidiano che aiuta a vivere. E non è poco, secondo me”.
Rossano Scaccini

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