sabato 18 febbraio 2012

IL CICLISMO VISTO E VISSUTO DA MORENO MOSER


Prima di essere un ciclista è un ragazzo di 20 anni, con le passioni, i sogni e le necessità di un normale giovane della sua età. Ha frequentato il liceo tecnologico, gli piace ascoltare musica, ha una passione per le macchine e fare tardi la sera con gli amici (questo accade solo quando non è nel pieno della preparazione e durante la stagione agonistica).
Moreno Moser proviene da una famiglia che ha dato molto al ciclismo, ma nell'intervista che state per leggere potrete capire come siano già ben delineate le idee e le ambizioni di questo atleta.
Lei è un ciclista professionista, ma ci parla dei sacrifici che comporta praticare questo sport ad alti livelli?
“Correre in bici non significa solo rinunce, anzi, mi da la possibilità di allargare i miei orizzonti, conoscere gente e crescere dal punto di vista mentale, mi rendo conto che i miei coetanei hanno una vita molto più limitata e monotona, qui invece le giornate non sono quasi mai uguali, e mai niente è certo. Ogni giornata, ogni allenamento ed ogni corsa sono fondamentali per raggiungere l'obbiettivo che ci si è posti”.
Ad oggi che cosa rimpiange?
“Le prime 2 stagioni da under 23 nelle quali non mi sono impegnato per niente, sono riuscito ad arrivare comunque nel professionismo, e in una delle squadre migliori, sicuramente la migliore in Italia, ma con maggiore metodicità nelle categorie giovanili penso che sarei potuto essere qui già da l'anno scorso”.
Far parte di una famiglia che ha un nome importante nell’ambiente del ciclismo, le offre maggiori possibilità o le sta facendo faticare di più?
“Chiamarsi Moser non può essere d'ostacolo, mi rendo conto di avere alcune pressioni in più rispetto ad altri corridori come me, ma non sono il tipo che si preoccupa per queste cose. I vantaggi invece sono evidenti, ad esempio se mi chiamassi Mario Rossi non sarei qui a rilasciarle questa intervista”.
Salita per lei vuol dire?
“E' bellissima, quando si va forte e si sta bene, ma quando si fa fatica a tenere i primi è l'inferno”.
Discesa?
“Penso sia il momento della corsa in cui lo stato d'animo conta maggiormente, quando si sta bene e ci si sente sicuri le curve riescono facilmente, ma se ci si sente insicuri non si riesce a scendere”.
Volata?
“E’ adrenalina pura”.
Concludendo ma come potrebbe riassumere le sue attuali giornate?
“Girano tutte attorno all'allenamento prevista dalla tabella per quel giorno. Quindi, colazione, allenamento, se è stato pesante faccio i massaggi, riposo un po’ sul divano e dopo cena esco a fare due chiacchiere con i miei amici più fedeli”.
Rossano Scaccini
Foto gentilmente concessa da Moreno Moser
© Riproduzione rispervata