IL CICLISMO VISTO E VISSUTO DA MORENO MOSER
Prima
di essere un ciclista è un ragazzo di 20 anni, con le passioni, i sogni e le
necessità di un normale giovane della sua età. Ha frequentato il liceo
tecnologico, gli piace ascoltare musica, ha una passione per le macchine e fare
tardi la sera con gli amici (questo accade solo quando non è nel pieno della
preparazione e durante la stagione agonistica).
Moreno
Moser proviene da una famiglia che ha dato molto al ciclismo, ma nell'intervista che state per leggere potrete capire come siano già ben delineate le idee e le ambizioni di questo atleta.
Lei
è un ciclista professionista, ma ci parla dei sacrifici che comporta praticare questo sport ad alti livelli?
“Correre
in bici non significa solo rinunce, anzi, mi da la possibilità di allargare i
miei orizzonti, conoscere gente e crescere dal punto di vista mentale, mi rendo
conto che i miei coetanei hanno una vita molto più limitata e monotona, qui
invece le giornate non sono quasi mai uguali, e mai niente è certo. Ogni
giornata, ogni allenamento ed ogni corsa sono fondamentali per raggiungere
l'obbiettivo che ci si è posti”.
Ad oggi che cosa rimpiange?
“Le prime 2 stagioni da under 23 nelle quali
non mi sono impegnato per niente, sono riuscito ad arrivare comunque nel
professionismo, e in una delle squadre migliori, sicuramente la migliore in
Italia, ma con maggiore metodicità nelle categorie giovanili penso che sarei
potuto essere qui già da l'anno scorso”.
Far
parte di una famiglia che ha un nome importante nell’ambiente del ciclismo, le
offre maggiori possibilità o le sta facendo faticare di più?
“Chiamarsi Moser non può essere d'ostacolo, mi
rendo conto di avere alcune pressioni in più rispetto ad altri corridori come
me, ma non sono il tipo che si preoccupa per queste cose. I vantaggi invece
sono evidenti, ad esempio se mi chiamassi Mario Rossi non sarei qui a
rilasciarle questa intervista”.
Salita
per lei vuol dire?
“E' bellissima, quando si va forte e si sta bene, ma quando si fa fatica a
tenere i primi è l'inferno”.
Discesa?
“Penso
sia il momento della corsa in cui lo stato d'animo conta maggiormente, quando
si sta bene e ci si sente sicuri le curve riescono facilmente, ma se ci si
sente insicuri non si riesce a scendere”.
Volata?
“E’
adrenalina pura”.
Concludendo
ma come potrebbe riassumere le sue attuali giornate?
“Girano
tutte attorno all'allenamento prevista dalla tabella per quel giorno. Quindi,
colazione, allenamento, se è stato pesante faccio i massaggi, riposo un po’ sul
divano e dopo cena esco a fare due chiacchiere con i miei amici più fedeli”.
Rossano
Scaccini
Foto
gentilmente concessa da Moreno Moser
©
Riproduzione rispervata
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