sabato 2 aprile 2011

EROS POLI; L'UOMO DALLE IMPRESE IMPOSSIBILI

Dire Eros Poli per gli appassionati di ciclismo significa Mont Ventoux, ma quella tappa del Tour, edizione 1994, mi piace che sia proprio lui a ricordarla. “Caldo, molto caldo, 38°. Ennesima tappa lunga, 235 chilometri, ne avevamo già disputate 4 di fila superiori ai 250 km. Comunque, partenza a razzo come è tipico al Tour, poi tutti fermi, troppo caldo. Mi fermo a far pipì, rientro tra le macchine, affianco la mia ammiraglia e inizio a far due parole con Antonio Salotini (mio ds), siamo al km 48, mancano 2 all' inizio rifornimento dalla macchina ed io rimango lì ad aspettare il cartello dei 50. Salotini mi dice “attento rientra che Cassani ha attaccato” Non ci credevo, non lui, ma la sua squadra. Sempre tattica Ferreti, attaccare in prossimità dei rifornimenti. Rientro e riesco ad arrivar davanti. Dopo 15 km parto in contropiede. Il gruppo si muove tardi, ho già 45". La Festina e la Carrera di Pantani mettono davanti i loro uomini, ma ero sul mio terreno, guadagnavo poco ma faceva caldo e non solo io avevo sete ma anche gli altri 140 dietro di me che m'inseguivano. Alla fine il gruppo si ferma e io vado. Ho 100 km davanti per arrivare ai piedi del Montventoux. Faccio quattro calcoli al volo, mi servono 24' se voglio sognare a vincere e posso perdere 1' a km. 22 chilometri di salita me ne restano 2 per coprire gli ultimi 40km, 20 di discesa 20 di pianura. Ai piedi del Ventoux ne ho 24'30", scollino su Pantani con 4'30" a 5km dall'arrivo la moto di Laurant Bezault (l'anno prima in squadra con Lemond, ora uno dei dirigenti tecnici del Tour) mi segnala che ho riguadagnato5'. Tiro il fiato, ce l'ho fatta. Il mio sogno nel cassetto era di passare per primo in salita ed essere accolto dai tifosi per primo e provar quella emozione di vedere la gente che si apre davanti a te mentre passi, io che passavo sempre per ultimo, mezzora dopo. Quel giorno tappa e realizzo il mio sogno”.
Eros Poli ha quasi 48 anni, sposato con Michelle Strauss, australiana, conosciuta a fine stagione nell'88 a melbourne, hanno due figlie: Amy 20 anni e Kamy 12.
Oggi di che cosa si occupa?
“Il mio nuovo lavoro è anche il mio hobby, faccio da consulente e collaboratore con Xevets (Pinarello) nell'organizzare viaggi in bici, specialmente in Francia e sui percorsi del tour. Organizzo inoltre percorsi enogastronomici in bici legati al territorio veronese e trevigiano per una clientela prevalentemente americana e australiana. Si pedala, degustazione vini a fine pedalata, aperitivo alla sera e cena nelle osterie tipiche”.
Quell’impresa in terra francese non ha messo in secondo piano la sua medaglia d’oro alle Olimpiadi di Los Angeles nella cronometro a squadre: quella che gara è stata?
“Tutti i veri appassionati si ricordano delle nostre 100km. Eravamo dilettanti all'epoca e il grande ciclismo era Hinault, Moser, Saronni, Argentin e fignon. Sicuramente la 100km non era importante come un Tour o un Giro, ma era una disciplina olimpica che avevamo fatto nostra grazie ad un eccezionale staff tecnico ed a un grande allenatore, Edoardo Gregori. Nell'ultimo mese prima della gara ci faceva fare a giorni alterni 3 allenamenti al giorno, la corsa alla fine é stata una passeggiata”.
La Gara che porterà sempre nel suo cuore è?
“Quando l'inno di Mameli suona solo per te e hai una medaglia d'oro olimpica al collo non si può descrivere. In quel momento di immensa emozione ti passano in un flash tutti quei momenti che volevi mollare, le sofferenze degli allenamenti. Non si può cantare l'inno in quel momento. Ti perderesti quel flash e ti perderesti la meritata lacrima. Però non era niente male neanche la lacrima a 5km dall'arrivo quando Laurant Bezault mi ha detto dopo 170 km di fuga: “Eros hai 5', ormai hai vinto". Immaginare che in quel momento sarebbero state davanti alla televisione mia moglie e mia figlia guardarmi a vincere, mi ha emozionato moltissimo. Nel cuore porterò sempre entrambe, questi momenti che hanno un’intensità unica”.
Per Eros Poli salita vuol dire?
“Cominciare a far calcoli la sera prima, per arrivare in tempo massimo all'arrivo”.
Se le dico Tour de France lei mi risponde?
“Grande corsa, tanta adrenalina in gara, la più dura, immenso businnes, forse troppo”.
E Giro d’Italia?
“Grande corsa, grande cuore, troppa salita, ma grande spettacolo”.
Lei in carriera ha tirato molte volate a Cipollini: ci fa rivivere quella che le è riuscita meglio?
“Una delle mie prime volate tirate, al Giro di Sicilia, sono riuscito a tener testa a 3 uomini della Panasonic e a lanciare il Cipo. Un altra bella, l'ultima tappa al Giro del 92 e un altra con arrivo a Citta' di Castello”.
Rossano Scaccini
Foto gentilmente concessa da Eros Poli
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